Août / septembre 2020 - La voie possible

Publié le 13-09-2020

de Ernesto Olivero

Il nostro corpo ha sempre qualcosa da dirci. La mano, per esempio: ogni dito è diverso, ma la mano è un’unità. Ogni dito non può fare a meno dell’altro, eppure ognuno è fatto a modo suo. Se ognuno di noi avesse veramente il coraggio di essere se stesso e guardasse con simpatia ai propri doni evitando di confrontarsi con l’altro e invidiarlo per quello che lui non ha, il mondo vivrebbe davvero nell’armonia. Come il movimento della mano. Se fra le dita non ci fosse unità, la mano non sarebbe la mano. Così noi. Dobbiamo sforzarci di entrare in questa logica. Non è facile, ma se ci sforzeremo, porteremo frutto.

Bisogna però essere chiari su cosa significhi unità. Non è nient’altro che camminare insieme e avere il piacere di farlo. Camminare insieme è una scelta della nostra intelligenza. Solo insieme possiamo costruire qualcosa di grande, possiamo costruire. Solo insieme possiamo tenere lontane la superbia, la presunzione.

L’unità non è un’ideologia. L’unità non è una forzatura o il proposito caparbio di stare insieme a tutti i costi. Significa amare chi ho davanti, significa scoprire la pazienza e la misericordia. Significa mettersi nei panni degli altri, nel loro dolore, nelle loro gioie. Significa anche tacere, aspettare prima di parlare. Significa trovare le parole da dire e lasciare cadere quelle da non dire. Quando andavo in montagna per non spaventarmi non guardavo mai la cima, mi concentravo solo sul passo che avevo davanti e così uno alla volta arrivavo alla meta. Così adesso, in questo tempo difficile, se mi trovassi in mezzo alla folla, correrei il rischio di spaventarmi. Molto meglio concentrarmi sul volto che ho davanti: guardo una persona una alla volta, la penso, la amo e pian piano l’amore si allarga a tutti. Uno per uno.

È importante fare questi ragionamenti. È importante farsi delle domande. È importante ascoltare liberi per poi trovare una strada, che ti fa dire dei sì e anche dei no. In un momento come questo dobbiamo chiederci: chi siamo? Chi siamo noi cristiani, noi musulmani, noi ebrei, noi buddisti, noi atei? A prescindere da quello che diciamo di credere, chiediamoci chi siamo, chi vogliamo essere, dove stiamo andando.

È il tempo di farsi delle domande profonde. È il tempo di scegliere se vogliamo amare secondo la nostra fede o per interesse, per egoismo. La nostra religione, la nostra filosofia o l’interpretazione personale che ne diamo, va verso il bene o verso il male? Che effetto produce? Chi ha il coraggio di guardare in faccia le proprie azioni e agisce in buona fede, senza interessi personali, chi si apre con speranza alle domande che bussano alla ragione, può trovare la strada della libertà. La mia libertà ha trovato casa in Dio. Mi metto davanti a Gesù morto in croce, Gesù che ha perdonato ogni infamia fino all’ultimo, uomo totalmente libero che ha amato i poveri e addirittura i nemici. Guardo Gesù fino a farmelo entrare dentro, fino a farlo diventare il mio metro. È allora che capisco se voglio amare davvero o farmi solo gli affari miei.

Ernesto Olivero
NP agosto / settembre 2020


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