BREGANTINI: Arcobaleno di pace

Publié le 31-08-2009

de Simone Baroncia


Nato nella provincia di Trento nel 1948, “padre Giancarlo” – come lo chiamano i suoi fedeli – è stato ordinato vescovo di Locri-Gerace nel 1994. Dal maggio 2000 è Presidente della Commissione C.E.I. Problemi Sociali e Lavoro, Giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato. Due giorni fa, dopo gli episodi simili dello scorso mese di marzo 2006, ignoti hanno nuovamente danneggiato l’azienda “Frutti del Sole”, una delle cooperative da lui volute per fronteggiare la mancanza di lavoro e l’escalation della criminalità.

di Simone Baroncia


Alla recente 6a marcia della pace Recanati-Loreto, il vescovo di Locri, mons. Bregantini, ha raccontato una storia: tre gruppi di persone hanno una costruzione da portare avanti. Il primo gruppo è triste, perché vede il lavoro come costrizione; il secondo è meno triste, in quanto considera il lavoro necessario per il proprio sostentamento; il terzo è felice perché dice che in questo lavoro vede qualcosa di grandioso per il futuro. Ecco il diverso punto di vista di chi crede nella forza di amare.
Mons. Bregantini ha sottolineato la grandiosità dell’enciclica di papa Benedetto XVI, che ha affermato la vitalità di eros ed agape: l’agape, cioè la fraternità, discende dall’eros, cioè dal corpo. Se non abbiamo la forza di innestare la pace nella sofferenza, tutti i nostri discorsi sarebbero vani. Citando mons. Tonino Bello, il vescovo di Locri ha ricordato che la pace deve essere vissuta nella quotidianità, nella ferialità delle cose normali.

Al termine dell’incontro gli abbiamo chiesto di spiegarci perché il marciare è prezioso alla pace.
“È prezioso, perché ci fa uscire; ci lancia verso gli altri. Con quell’immagine dell’Unitalsi: la felicità è una porta che si apre soltanto spingendola verso l’altro. Quindi fuori di noi. Marciare vuol dire uscire; vuol dire incontrare; vuol dire essere capaci di studiare altre realtà, apprezzare altri modi di pensare. Per esempio l’Islam. L’Islam si incontra non restando chiusi ed impauriti, in difesa come cittadelle assediate; ma come fiumi che incontrano altri fiumi ed insieme portano acqua a questa terra. Questo è il senso del marciare”.

La pace di Dio è dipinta con l’arcobaleno…
“Questa è la sorpresa che ho pensato durante la prima domenica di Quaresima, quando nella prima lettura c’era proprio l’arcobaleno dopo il diluvio, ad indicare che c’è un Dio che non si stanca mai di volerci bene, di ricominciare. Quante volte l’umanità ha fatto lo stesso gesto ed ha detto: mai più guerra, mai più morte, mai più distruzioni. Vogliamo anche noi non il diluvio, ma l’arcobaleno, per cui è fantastico sentire che la Quaresima non si apre con un’immagine triste, ma con un’immagine di bellezza e di luce: l’arcobaleno”.

I ragazzi della Locride hanno sperato nell’arcobaleno: quale è il significato?
“Significa avere un pezzettino di cielo azzurro in più. Non che sempre e tutto sia risolto. Molti problemi sono simili a prima… però c’è dentro qualcosa in più. Significa che questi ragazzi, diventando grandi, potranno ricordarsi ed impostare con maggiore giustizia la terra nella quale sono nati, come amo dire, un giardino. Poiché il cielo è azzurro, la terra può diventare un giardino. Poiché c’è speranza, si può cambiare la Locride: questo è il messaggio che abbiamo costruito insieme”.

Simone Baroncia

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