Ci vuole vero Dialogo, anche nei fatti

Publié le 31-08-2009

de Redazione Sermig

 

La nuova crisi in Terra Santa ripropone l’importanza della pace duratura. Ma il dialogo chi lo vuole?

di Ernesto Olivero


Dire oggi che Israele stia usando verso i palestinesi una forza militare sproporzionata, è dire qualcosa di scontato che è sotto gli occhi di tutti. Ma porsi la domanda cosa farebbe Hamas se avesse la stessa potenza militare di Israele o anche maggiore, è legittimo; e anche qui la risposta sarebbe scontata e unanime: la userebbe, certamente.
jerusalem.jpg È su questo “certamente” che dobbiamo farci finalmente delle domande e darci risposte che in tutta coscienza non siano di parte, che non guardino in faccia nessuno.
Certamente la maggior parte di ebrei e palestinesi non si accettano reciprocamente.

Buone minoranze dall’una e dall’altra parte sono disponibili a convivere pacificamente, minoranze che già ora sono una testimonianza dei frutti che la pace potrebbe produrre, ma per ora non incidono. In generale, per quel che so, Israele mal sopporta il mondo arabo e per buona parte del mondo arabo Israele non dovrebbe esistere al punto che oggi è impensabile andare in Israele, in Iran e in molti Paesi arabi con lo stesso passaporto senza correre gravi rischi.
Certamente, guardando questa realtà in continua disgregazione, dobbiamo prevedere che prima o poi questo non accettarsi vicendevolmente esploda e scateni un conflitto che coinvolgerà il mondo intero. Ma l’oggi è ancora nelle nostre mani, lo dico e lo diciamo da sempre. Come possiamo oggi intervenire per evitare che il peggio accada?

Da tempo lo diciamo, così com’è stato condotto fino ad oggi il dialogo non serve, si limita a permettere ad ognuno di affermare le proprie posizioni. Ognuno mantiene i propri punti di vista e non vuole rinunciare ai propri interessi. E nulla cambia.
Il vero dialogo incomincia solo quando si è disposti ad ascoltare l’altra parte con orecchi nuovi, pronti a cambiare qualcuna delle proprie idee. Se non sarà così avremo la guerra che ci meritiamo e, come sempre, sarà una guerra decisa dai grandi della terra a tavolino, ma poi pagata sulla propria pelle da donne, anziani, bambini. Questo è davvero il tempo che i governanti si mobilitino con azioni diplomatiche ad oltranza, che l’ONU eserciti il suo compito severo, imparziale, decisivo nel preservare la pace e nel farla rispettare. Nessuna sua risoluzione può rimanere disattesa. Nessuno può porre il veto alla pace che è il bene primario per l’umanità.

Il dialogo fino ad ora è sempre stato dominato dalle parole, compresi anche i sogni e gli insulti.
Ciò che invece crea ascolto vero è la vita e i fatti quando dimostrano non solo la tolleranza buonista ma anche la condivisione di difficoltà e scelte. In Terra Santa centinaia di persone di varie comunità già lo stanno facendo da alcuni anni. Noi pure lo sperimentiamo qui a Torino, a Madaba in Giordania, a San Paolo in Brasile e in oltre cento nazioni dei cinque continenti, con persone che dovrebbero sentirsi nemici. La bontà vissuta disarma i cuori.

In Terra Santa la pace ci sarà quando questa terra sarà “santa” non soltanto di nome, ma lo sarà di fatto nella misura in cui le persone che vi abitano saranno “sante” e rispettate. E finalmente gli ebrei si riconcilieranno con Dio, i cristiani finalmente si riconcilieranno con Dio, finalmente i musulmani si riconcilieranno con Dio e tutti riconosceranno di avere in Abramo un padre comune e tutti si metteranno in ascolto dei profeti, di Isaia che dice “In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria, l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri (Is 19,23). E tutti riconosceranno nel suo pensiero: “Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2, 4) il pensiero di Dio.

Ernesto Olivero
Arsenale della Pace, 9 gennaio 2009

 

 

 

 

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