Economia in pillole
Publié le 31-08-2009
L’economia non è entusiasmante come un film di Indiana Jones, ma quando capisci che il prodotto interno lordo cresce grazie alla fiducia del barista che si fa pagare il caffè solo dopo che lo hai bevuto o grazie al meccanico che ti ripara l’auto anche se non gli dai una caparra, diventa più simpatica. “Se non fosse così tutta la nostra giornata sarebbe faticosa. Senza fiducia ci blocchiamo, molte transazioni vengono meno e il PIL scende”. Lo dice Franco Becchis, un economista che annota tutto su un taccuino sgualcito. I suoi appunti sono finiti da poco in un libro, “Economia in pillole”, che sembra fatto apposta per chi come me fatica a capire cosa sono i “futures” o i derivati |
Perché ti definisci economista di strada? Perché mi sono stufato dell’economia accademica, dei centri studi che producono roba illeggibile, dei manuali complicati e delle formule. Ho spesso invidiato i miei colleghi di altre discipline che studiano e lavorano all’aria aperta, nel mondo reale. Allora ho deciso di mettere da parte i libri, dopo averli frequentati, e vado in giro, annoto, rifletto con il gusto di spiegare le cose con una terminologia semplice, non accademica. I miei appunti sono finiti prima in dispense per gli studenti e poi in questo libro che racconta in “pillole” la logica con cui l’economia interpreta le nostre scelte, i nostri comportamenti. |
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Qualche esempio? |
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Il mercato è stupido? La risposta è no. Più che stupido è limitato, come una radio che può ricevere e trasmettere solo le onde di una certa frequenza. Il mercato ignora alcuni aspetti della vita quotidiana, per esempio non è in grado di captare alcuni segnali che provengono dal capitale sociale - che è il capitale di fiducia, di regole, di condivisione fra le persone - pur usandolo come base per gli scambi, gli investimenti, la finanza. Ne ho parlato in una pillola, ricordando una mia visita all’Arsenale della Pace. Era il 10 agosto, un giorno caldissimo. Ho annotato che nell’economia di strada i segnali del mercato erano indirizzati verso chi vendeva il gelato, le bibite e verso i locali con l’aria condizionata, ma ignoravano del tutto i giovani che si stavano occupando di solidarietà, di amicizia, di accoglienza. Questo accade non perché il mercato è insensibile, ma perché non ha gli strumenti per captare questo tipo di segnali. |
La fiducia è un requisito indispensabile nei rapporti economici? In realtà l’economia non parla quasi mai di fiducia così come noi non parliamo mai di ossigeno, sebbene sia un elemento che ci fa vivere 24 ore su 24. La fiducia in economia è essenzialmente un’informazione che io possiedo e che mi fa capire cosa posso aspettarmi dagli altri. L’affidabilità è simmetricamente l’informazione di ritorno, è quanto gli altri rispondono positivamente alla mia aspettativa di fiducia. Il rapporto tra fiducia e affidabilità è il circolo virtuoso che porta ad aumentare la possibilità di fare, comprare, vendere, scambiarsi informazioni. Nei mercati finanziari il tasso di sensibilità alla fiducia è molto forte. Bastano piccole incrinature della fiducia per provocare grandi oscillazioni come vediamo in questi giorni nei comportamenti delle borse, delle banche, dei risparmiatori e degli investitori. |
Per uscire dalla crisi serve più finanza o più economia reale? Ricette per la crisi non ne ho, ma dà questa crisi si può trarre una lezione: servono regole e tanta trasparenza in più. Ci vuole tanta buona finanza. La finanza dà il meglio quando c’è fiducia. Le basi antropologiche della finanza sono semplici: tu hai una buona idea, ma non hai i soldi, io ho i soldi e non ho idee. Non c’è niente di meglio che far andare i soldi dove ci sono le idee e farli ritornare con un premio a chi li ha prestati. Questa base della finanza esiste da millenni e in Italia, per esempio, ha permesso il Rinascimento. |
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Il mercato ha un’etica, ne ha bisogno? Questo è un tema difficile. Credo che il mercato vada tenuto separato dall’etica. Voler imporre protocolli etici al mercato è sbagliato, nel senso che c’è n’è uno già esistente, la legge, cioè il fatto che le persone dovrebbero rispettare le leggi. E questa è già una buona base etico-giuridica. In più c’è il dovere di correttezza nelle trattative che è considerato un fattore di rilievo dai tribunali. |
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Nella crisi dei mutui quale ruolo giocano informazione e costi di transazione? Informazione e costi di transazione sono abbastanza trascurati nei manuali, un po’ come la fiducia. L’informazione è una delle chiavi per capire la posizione di forza o di debolezza dei vari soggetti sul mercato. I costi di transazione assomigliano a quello che può succedere nel motore a seconda se ci metti l’olio o la sabbia. L’olio è quello che fa girare il motore: equivale a costi di transazione bassi. La sabbia, che lo fa inceppare, equivale a costi di transazione alti. I mutui sono un bell’esempio che ci porta a capire l’importanza sia dell’informazione che dei costi di transazione. In America i mutui sono stati rivenduti nei mercati internazionali dopo essere stati impacchettati con prodotti finanziari tossici. È stato possibile perché il livello di informazione su questi prodotti (i “derivati”) era ridotto. |
Sempre in America, uno studio ha mostrato che la maggior parte dei clienti delle banche in grado di rinegoziare il mutuo, non lo ha fatto a motivo degli alti costi di transazione. A volte uno non fa le cose che gli converrebbero perché tra il pensare e il fare ci sono barriere informative, di tempo, di denaro, di spostamento che sono alte e impediscono al mercato di funzionar bene. A volte però i costi di transazione sono quasi nulli. Quando c’era il baratto, se io avevo una pecora e volevo castagne dovevo cercare qualcuno che avesse castagne e volesse una pecora. Con la moneta i costi di transazione si sono azzerati: se ho una pecora e voglio castagne, vendo la pecora, prendo la moneta e compro castagne. La moneta è il massimo della lubrificazione del mercato perché riduce i costi di transazione e contiene un altissimo potere informativo: quel biglietto di carta questa sera mi farà mangiare o dormire in albergo. |
di Claudio Maria Picco |
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