Premio Artigiano della pace 2010
Publié le 11-08-2012



Per la determinazione, la coerenza, la preparazione culturale, amministrativa e manageriale e la sensibilità umana, da tutti apprezzata, con cui ogni giorno si batte, senza compromessi, per condurre l'azienda Torino verso i traguardi più utili ai suoi concittadini, a cominciare da quelli in difficoltà.
Ernesto Olivero e i giovani della pace

Francamente non mi sento di meritare di stare alla pari con le personalità che hanno ricevuto il premio Artigiano della Pace nelle passate edizioni. Io ho solo fatto quello che ho ritenuto essere mio dovere, niente di più e credo niente di meno. Ho già avuto modo di dire che il Sermig è Torino, perché, come Torino, il Sermig ed Ernesto Olivero sanno essere capaci di grande profondità di pensiero e al tempo stesso di grande capacità di realizzazione, e credo siano proprio queste alcune delle caratteristiche di Torino. Torino è la città dove nasce l'arte contemporanea, unarte povera che utilizza materiali poveri, un'arte molto concreta in cui però c'è una grande complessità di pensiero. In fondo Torino è stata la città sia di grandi filosofi, sia dellindustria metalmeccanica. Credo che il Sermig e Torino siano profondamente e intimamente legati da questo modo d'essere che consiste nell'avere pensieri profondi e complessi, nel puntare a grandi obiettivi come la pace, e al tempo stesso nel saperli realizzare. Mi sento felice e onorato di essere Artigiano della Pace, soprattutto perché in questo modo mi sento anchio davvero fino in fondo uno del Sermig.

Per limpegno, labilità professionale e lesperienza maturata per decenni nel mondo, a fianco dei più deboli e dei giovani, in difesa della giustizia, della libertà, dei diritti umani e della pace, senza preoccuparsi di guadagnare le simpatie dei potenti.
Ernesto Olivero e i giovani della pace
Vorrei dedicare questo premio a tre persone speciali che rappresentano milioni e milioni di altre persone. Si chiamano Gesù, Giuseppe, Maria. Gesù, Jesusito, è un bambino dellAngola. In una rissa aveva ucciso una persona ed era stato condannato a scontare 22 anni di carcere. Quando lho conosciuto aveva 14 anni. Gli ho chiesto: Cosa per te è la pace. È soprattutto libertà. Aveva capito di aver perso la libertà perché aveva sbagliato. Questa forse è un definizione di pace che spesso dimentichiamo.
Giuseppe è un bambino di El Alto, una città a 4.000 m, grande periferia urbana di La Paz capitale della Bolivia. Un bambino di strada,
un ladro specializzato nel furto di biciclette, pneumatici e tergicristalli. Era la disperazione della polizia che gli faceva tutte le sere la doccia con lacqua a zero gradi per insegnargli a non rubare più. Il capo della polizia mi chiamò una sera e mi disse: Insegnagli tu cosa potrebbe cambiare nella vita di questo bambino. Gli chiesi: Da grande cosa vorresti per stare in pace e non essere più un ladro?. Rispose: Vorrei che ci fosse più solidarietà, vorrei che ci fosse più attenzione a questi miei compagni che muoiono di notte e quando sono morti i cani se li mangiano come fossero un pezzo di arrosto abbandonato. A El Alto ci sono 40.000 bambini di strada.

Lultima è Maria, una bambina karen, una minoranza nel triangolo doro al confine tra Birmania e la Thailandia, che abbiamo trovato nel 2000 in un postribolo in Cambogia. Una bambina di 11 anni costretta a prostituirsi fino 15 volte a notte, venduta dai suoi genitori per 200 dollari. Anche a lei ho chiesto come immaginava la pace. Mi ha risposto: Ci vorrebbe più giustizia perché a me non è stato dato quello che hanno avuto tanti altri bambini: luguaglianza. La pace oggi è anche considerare alla pari queste speranze di libertà, di solidarietà, di giustizia, come mi hanno detto Giuseppe, Gesù e Maria. Forse il grande salto di qualità che il mondo deve fare oggi è quello di integrare libertà, uguaglianza e fraternità luna nellaltra. Non è possibile costruirne una senza le altre due. È un tavolo a tre gambe, se ne togli una tutto il resto casca. Se una delle tre è più lunga, il tavolo traballa. Costruire una pace così è uno sforzo colossale. Oggi si fa la guerra per motivi economici, per controllare le risorse per esempio dello Zaire, del Congo, del Sudan o dellAfganistan o dellIraq; poi ci sono le guerre causate dallintegralismo religioso, dallincapacità di dialogo. Si possono superare soltanto affermando insieme, in ogni momento della vita, i nostri diritti di libertà, la nostra grande volontà di giocarsi la vita sulla solidarietà, e la volontà di costruire la giustizia. Auguro a tutti di diventare donne e uomini di pace.

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I nomi di alcuni Artigiani della Pace: Michele Pellegrino, Sandro Pertini, madre Teresa di Calcutta, Helder Camara, Lech Walesa, la fondazione Giorgio La Pira, la fondazione Nikkyo Niwano, città di Boves e Volgograd, Antonio Riboldi, Norberto Bobbio, le donne del Terzo Mondo, Dante Cruicchi, Emilio Rossi, il Cottolengo, Anna e Benigno Zaccagnini, Giorgio Ceragioli, Luciano Mendes de Almeida, Michael Gorbaciov, Nevé Shalom, Giovanni Paolo II, le vittime delle guerre in Mozambico, Somalia, ex Yugoslavia, Carlo Maria Giulini, comunità di Sant'Egidio, Marco Testa, scienziati arabi, israeliani, europei, americani, mille Giovani della Pace, Angelo Comastri, Piero Reinerio, Francois Xavier Nguyen Van Thuan, Abdullah Bin El-Hussein II, Yad Vashem, Luiz Inacio Lula Da Silva, Elisa Springer, Guido Cravero, Massimo DAlema, e Chiara Lubich.
a cura della redazione