VIETNAM: i bambini sono il futuro del mondo

Publié le 31-08-2009

de sandro


Come sono loro oggi così sarà la società domani.


 Giungendo dalla terra del benessere, della tecnica e dell'efficienza, appena si mette piede in Vietnam si sente il contrasto, la differenza. Per le strade della capitale si cammina con grande attenzione, non tanto per ammirare monumenti o cimeli, quanto piuttosto per non inciampare nel selciato sconnesso, ricordo di antichi bombardamenti. Ho visto un corteo nuziale, avevano tutti le scarpe in mano e i calzoni arrotolati, eppure non mi pareva un fatto culturale, aveva piovuto e le strade della periferia erano piene di fango.
Ancora, si vedono bambini in giro per le vie a vendere giornali, biglietti della lotteria, sigarette, cartoline. A scuola non ci vanno, non ne hanno la possibilità, fanno capo a qualche adulto che li tiene come schiavi in cambio di un luogo in cui dormire e una scodella di riso.
I bambini sono la parte privilegiata della società perché sono il futuro. Come sono loro oggi così sarà la società domani. Non si può guardare alla loro povertà e tirare avanti. Ecco allora nascere molte iniziative. Classi di alfabetizzazione per ragazzi dai 7 ai 16 anni, piccoli mestieri come la rifinitura di indumenti, confezioni di sacchetti per la pubblicità, lavori di maglieria o all'uncinetto. Per le giovani sono sorte alcune classi di taglio e cucito; quando si sentono sicure del mestiere le si regala la macchina da cucire perché possano avviare un piccolo laboratorio.
Ma un'iniziativa che colma di gioia chi dona e chi riceve è l'adozione a distanza. Il bambino rimane nella sua terra, nella sua famiglia, nella sua cultura, riceve il necessario per frequentare la scuola, cioè per pagare la retta, la cancelleria, il cibo e il vestito. I risultati sono a dir poco sorprendenti. Tra gli adottati ci sono bambini scelti per rappresentare la classe nelle gare del distretto, altri scelti per rappresentare la scuola negli esami della Provincia. Le loro Pagelle parlano di impegno nello studio, di buona volontà per conciliare studio e lavoro, moltissimi usano le ore libere dalle lezioni per aiutare la famiglia. Tra i primi ragazzi, analfabeti, istruiti dalle suore con pazienza certosina ce n'è uno che quest'anno è al secondo anno di Università!
Ma questa è la parte bella dei miei appunti. Accanto a questi che potrebbero chiamarsi "privilegiati" ho visto frotte di bambini col sacco sulle spalle, andare per le strade o lungo il fiume a cercare sacchetti di plastica da lavare e da rivendere, nessuno pensa a loro.
Ho visto masse di operaie che al mattino si accalcano alle entrate delle fabbriche, e ne escono alla sera stanche, dopo una giornata di lavoro mal retribuito, senza casa, senza famiglia, giovani venute dalle province. Chi si interessa di loro, se non per il rendimento sul lavoro? Chi le considera come persone, compagne di cordata, sorelle da amare?
Per queste giovani ci vorrebbero alcuni dispensari in cui trovare le medicine più comuni, senza doverle comprare nelle farmacie dove il prezzo non è alla loro portata. Ci vorrebbero piccole biblioteche, dove distendere un po' i nervi tesi dall'attenzione sul lavoro. Ci vorrebbero centri di accoglienza per i giorni festivi, attrezzati per soddisfare le più comuni necessità: dalla parrucchiera all'occorrente per la corrispondenza, una cabina telefonica, un ambiente in cui si possa ascoltare musica.
Sono sogni da non tenere a lungo nel cassetto, le giovani ci sono oggi, hanno bisogno oggi di essere aiutate, hanno bisogno oggi della nostra risposta alle loro inespresse richieste.

Elena Miravalle







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