Acquistare meno, acquistare meglio

Ormai sappiamo che l’industria tessile e dell’abbigliamento è tra quelle più inquinanti al mondo, eppure, come società, non riusciamo ad uscire dal tunnel degli acquisti del fast fashion: compere veloci effettuate sull’onda dell’emotività del momento, a prezzi piccoli, con tempi di utilizzo e di permanenza nei nostri armadi sempre più brevi, ma con pesanti costi ambientali.

Nel 2020, causa Covid, c’è stato un calo delle vendite, ma queste sono rimaste pressoché stabili negli ultimi dieci anni. Il tempo di utilizzo di ciascun capo, invece, è progressivamente diminuito del 36% e più della metà dei capi sono utilizzati per neanche un anno intero.

Molto interessante a riguardo è un recente studio condotto dall’associazione dei consumatori Altroconsumo, che ci spiega per quanto tempo dovremmo indossare un capo d’abbigliamento per ammortizzarne l’impatto ambientale. Pare che il “tempo ecologico” più breve sia quello del nylon riciclato. Una sorpresa per molti, me compresa, che immaginavano i tessuti naturali di origine vegetale come cotone, lino, canapa e quelli di origine animale come lana, seta, cuoio più sostenibili per il pianeta poiché appunto naturali e biodegradabili. Al contrario, pensavo i tessuti sintetici come nylon, poliestere, elastan maggiormente inquinanti perché ottenuti da polimeri derivati dal petrolio.

Il dato che emerge è che ogni tessuto ha una storia a sé e che per definire la sostenibilità di un prodotto bisogna considerare tutti i passaggi e gli impatti lungo tutto il suo ciclo di vita. Analizzando 18 differenti materiali utilizzati nell’industria tessile, il tessuto più sostenibile risulta essere il nylon riciclato che viene utilizzato come “punto zero”, termine di paragone per gli altri.

Elisa d’Adamo

NP Gennaio 2023