Generazione incredula?

Publié le 25-01-2018

de Redazione Sermig

di Elisa d'Adamo - Giovani in cerca di senso. L’analisi del sociologo Franco Garelli.
I giovani di oggi hanno una forte domanda di senso. È questo il messaggio trasmesso dal sociologo Franco Garelli in un incontro all’Arsenale della Pace, ruotato intorno ai suoi ultimi libri Educazione e Piccoli atei crescono (ed il Mulino). L’autore puntualizza che per «giovani» è bene intendere ragazze e ragazzi tra i 16 e i 25 anni, figli del loro tempo, di un mondo in movimento e di un contesto plurale. Nella famiglia, nella società, nella religione i giovani sono spesso bombardati da «molteplici istanze di significato» e sono chiamati perennemente a scegliere. Il 30% si considera ateo o agnostico, mentre il 70% crede in modo attivo, pur ammettendo che oggi, credere, sia molto complicato.

Secondo il professore, i giovani del nostro tempo sono rispettosi dei cammini altrui, a patto che siano dei cammini autentici e frutto di libere scelte.
Il compito degli adulti: genitori, insegnanti, educatori, è interpellare la coscienza delle nuove generazioni con proposte coinvolgenti nel panorama pluralista, che offrano nutrimento per la vita precaria e flessibile di oggi. Il sociologo sottolinea come i giovani siano sì molto riflessivi, ma non più disposti ad accettare passivamente una formula educativa in chiave autoritaria. L’appello del professore è di «stare nel nostro tempo», considerare l’attuale condizione giovanile, senza continui paragoni con modelli di crescita e socializzazione passati.

È necessario un approccio dialogico, tenendo conto del differente contesto culturale e tecnologico in cui oggi si forma l’identità del giovane e avendo ben chiari quali atteggiamenti di fondo voler trasmettere.
Oltre ad insegnare competenze e abilità, i genitori e la società devono occuparsi delle abitudini del cuore, cioè dei fondamentali umani per una crescita affettiva armonica. Alla domanda «siete la prima generazione incredula?», la risposta è stata molto interessante: oltre la metà degli intervistati non si sente rappresentata da questa affermazione perché troppo superficiale e generalizzata.

I giovani propongono, quindi, di cambiare etichetta, parlando di «prima generazione consapevole» oppure «che fatica a trovare una fede» o ancora «che può permettersi di essere incredula». Nonostante le apparenze, questa generazione esprime una forte domanda di senso, che talora sembra non trovare approdi ma che, proprio per questo, va indirizzata con modalità alternative.

Elisa d'Adamo
LIBRI DEL DIALOGO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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