NUCLEARE: conversioni in atto

Publié le 31-08-2009

de Alessandro Moroni


A distanza di vent’anni dal referendum abrogativo del nucleare svoltosi in Italia l’8-9 novembre 1987, il tema del nucleare torna a far discutere. Pubblichiamo un contributo alla riflessione.

di Alessandro Moroni


"L'energia nucleare con ogni probabilità salverà il nostro pianeta dal disastro ambientale conseguenza dei drammatici cambiamenti climatici in essere. Personalmente, non vivo nei paraggi di una centrale nucleare, ma in caso di estrema necessità non avrei problemi ad ospitare un pozzo-deposito di scorie radioattive nel giardino di casa mia: adeguatamente schermato da un involucro di cemento non costituirebbe pericolo per la salute mia e dei miei familiari".
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La centrale nucleare di Chernobyl
Ad esprimersi così non è un fisico nucleare impegnatissimo in una campagna di sensibilizzazione a favore di una fonte energetica che costituì il "babau tecnologico" negli anni '70 e '80 del secolo scorso, ma Patrick Moore, cofondatore di GreenPeace e figura emblematica: un guru ambientalista internazionale, se mai uno ve ne fu. Moore fu l'antesignano dei molti che 35 anni fa misero in relazione diretta lo sfruttamento dell'energia nucleare con l'olocausto prossimo venturo, non importava se in discussione fosse l'uso civile o militare della stessa; un manicheismo favorito dal clima di Guerra Fredda allora imperante, e dalla corsa agli armamenti da parte delle due Superpotenze (USA e URSS), che sembrava non conoscere limiti. Il clima dell'epoca è sottolineato dal successo planetario di alcuni film incentrati sul catastrofismo nucleare, tra i quali spiccano Sindrome Cinese del 1979 e The Day After del 1984.

Oggi invece sembra che Moore abbia cambiato radicalmente idea, al punto da avere iniziato una campagna di sensibilizzazione in favore dell'energia nucleare, il cui indice di gradimento planetario sta ora risalendo gradatamente, dopo essere sceso ai minimi storici, soprattutto in Europa, a valle del tragico incidente di Chernobyl, in Ucraina, nella primavera del 1986.

Il ragionamento sviluppato da sempre dai sostenitori del nucleare, di vecchia data o di recente conversione che siano, è molto semplice e, sotto un profilo numerico, del tutto incontrovertibile: la fissione nucleare ha una resa energetica enormemente superiore rispetto a quella di qualsiasi combustibile fossile: dalle 50.000 volte in più se pensiamo alla legna, alle 12.500 volte in più se pensiamo al petrolio, passando dalle 16.500 volte in più se pensiamo al carbone. Anche considerando i costi dovuti alle superiori misure di sicurezza necessarie per l'assemblaggio di una centrale nucleare rispetto a quelle richieste per una raffineria petrolifera o per una centrale a carbone, è intuitivo come la differenza di resa rimanga comunque enorme. Perché dunque l'energia nucleare è sempre stata così impopolare, praticamente dal momento in cui fu introdotta? Sostanzialmente per due motivi: l'intrinseca pericolosità di una centrale basata sulla Fissione Atomica, che a fronte di un incidente di grave entità può contaminare radioattivamente un'area molto vasta; e il problema legato al difficile smaltimento delle scorie radioattive. In effetti alcuni incidenti, in più di 50 anni di utilizzo dell'energia atomica per scopi civili, si sono verificati. Tra questi, due sono emblematici e meritano di essere rivisitati, sia pure in breve: l'incidente occorso al reattore nucleare di Three Mile Island in Pennsylvania (USA), e quello occorso al reattore di Chernobyl, in Ucraina.

Sono emblematici in quanto originati dallo stesso malfunzionamento, quello che è stato per decenni l'incubo degli ingegneri nucleari: la fusione del nocciolo di Uranio arricchito (o di Plutonio) che costituisce il "combustibile" dal quale estrarre energia. L'incidente di Three Mile Island colpì molto l'immaginario collettivo, in quanto si verificò meno di due settimane dopo l'uscita nelle sale di "Sindrome Cinese", il film catastrofista interpretato da Jane Fonda e da Jack Lemmon. Quanti morti o feriti provocò l'incidente? Nessuno. La struttura di contenimento in cemento fece esattamente ciò per cui era stata progettata, impedendo la fuoriuscita di materiale radioattivo nell'ambiente: il reattore nucleare andò perduto, ma non si verificò alcuna contaminazione.

Tutt'altra vicenda a Chernobyl: i reattori sovietici di prima generazione non erano dotati di struttura di contenimento e il progetto non teneva in alcun conto le più elementari norme di sicurezza. Come conseguenza, la contaminazione interessò un'area vastissima, si verificò un disastro ambientale la cui portata deve ancora essere pienamente realizzata, e si ebbero 56 vittime da radiazione atomica, la maggior parte delle quali, va detto, tra il personale preposto allo spegnimento nelle primissime ore successive all'incidente. Un'autentica tragedia, ma un numero comunque irrisorio se pensiamo, per esempio, ai 5000 decessi che si verificano ogni anno nel mondo per motivi direttamente o indirettamente connessi all'estrazione del carbone dalle miniere.

I due esempi citati dimostrano in modo lampante che la differenza tra una storia di successo ed un disastro è determinata dall'efficacia delle misure di sicurezza preventivamente adottate, non dal ricorso all'energia nucleare in sè e per sè; pure, sembrerà incredibile, ma sull'onda emotiva conseguente al disastro di Chernobyl venne indetto, in Italia, un referendum abrogativo che di fatto bloccò lo sfruttamento dell'energia nucleare. Correva il novembre 1987, e le uniche 3 centrali nucleari in esercizio sul suolo nazionale vennero chiuse. Purtroppo, le politiche retrive e influenzate da ideologia miope e da emotività conducono solo in vicoli ciechi e lasciano in eredità situazioni grottesche: per esempio, nessuno si preoccupò di spiegare all'elettorato che l'importanza relativa della chiusura di 3 centrali in termini di diminuzione del "rischio nucleare" era pressoché nulla, date le circa 40 centrali nucleari francesi e svizzere posizionate a ridosso delle Alpi; e prego credere che le radiazioni atomiche risentono poco dell'esistenza dei confini nazionali... Oggi il nostro Paese è, tra quelli industrializzati, il più dipendente in assoluto dall'estero per gli approvvigionamenti energetici; ironia della sorte, ci ritroviamo a comprare dalla Francia una fetta molto più consistente di quella stessa energia nucleare che sul finire degli anni '80 abbiamo rinunciato a produrre.

Oggi però è in atto un mutamento di sensibilità nell'opinione pubblica mondiale, simboleggiata dal cambiamento di opinione di un "barricadiero ambientalista" della prima ora, come Patrick Moore; e l'Italia si sta, direi felicemente, accodando a questo riorientamento della coscienza comune, se è vero che un sondaggio recentemente realizzato certifica che ormai quasi il 60% degli italiani "non è sfavorevole" ad una produzione significativa di energia nucleare sul nostro territorio. Come spesso capita, è l'insorgere di nuove urgenze a determinare la riapertura di fronti che si credevano dimenticati: oggi l'emergenza planetaria si chiama effetto serra, e produzione massiva di anidride carbonica. Le centrali elettriche tradizionali basate su combustibile fossile ne rilasciano nell'atmosfera un quantitativo impressionante, solo negli Stati Uniti 2 miliardi di tonnellate su base annua, l'equivalente dell'emissione dei gas di scarico di 300 milioni di autoveicoli. I 103 impianti a fissione nucleare operanti negli USA, di fatto, garantiscono un "risparmio" di 700 milioni di tonnellate di anidride carbonica; per cui sembrerebbe interesse comune incrementare il rapporto attualmente esistente tra reattori nucleari e centrali tradizionali.

Il forte recupero dell'energia nucleare nell'opinione pubblica mondiale nasce quindi da alcune prese di coscienza, possibili oggi e non 20 anni fa, quando i tempi non erano evidentemente maturi. fissione_fusione.jpg

Oggi si comincia a prendere atto di come lo sfruttamento dell'atomo sia più "verde", più ambientalista rispetto ad altre tecnologie; si accetta anche l'idea che le fonti energetiche cosiddette "alternative", da sempre considerate a basso impatto ambientale (energia solare, energia eolica, eccetera), hanno caratteristiche di erraticità e imprevedibilità nella resa tali da renderle di fatto improponibili per un Paese ad elevata industrializzazione e caratterizzato da una domanda energetica destinata a crescere esponenzialmente. Si prende atto anche di come le scorie radioattive, trascorso un intervallo di circa 40 anni dalla loro produzione, raggiungano un tasso di radioattività 1000 volte inferiore a quello iniziale; inoltre, si comincia seriamente a prendere in considerazione l'idea di riciclarle per fornire ulteriore energia. Infine, è accertato che le centrali nucleari di ultima generazione nascono con criteri di sicurezza che minimizzano la possibilità di incidenti, a un livello non ipotizzabile appena una decina d'anni fa.

Tutto questo senza considerare la meta alla quale tendono i gruppi di ricerca di fisica nucleare di tutto il mondo: lo sfruttamento per usi civili dell'energia di fusione nucleare, che si differenzia da quella di fissione per il principio teorico (fusione di nuclei leggeri anziché scissione di nuclei pesanti), per il quantitativo nettamente superiore di energia messa a disposizione, e per la necessità di raggiungere temperature dell'ordine di milioni di gradi per potere innescare la reazione che ne è alla base. Proprio questo prerequisito ne rende così problematico lo sfruttamento per scopi civili: in base alle previsioni più ragionevoli serviranno almeno due salti generazionali prima di potere ipotizzare la messa in produzione di una centrale a fusione. Vero è che, quando questa tecnologia sarà effettivamente disponibile, l'approvvigionamento energetico per il Pianeta Terra non sarà più un problema, e le difficoltà ambientali conseguenza dell'effetto serra rimarranno un ricordo. Di fatto, si tratterà di uno "step evolutivo" nella storia dell'uomo paragonabile, per portata, all'invenzione della ruota. Non riesco a farmi venire in mente niente di potenzialmente più importante, a parte forse lo sfruttamento della einsteniana "curvatura dello spazio", e la possibilità di viaggi nell'iperspazio... dopo di che usciamo dall'ambito scientifico, per approdare trionfalmente a Star Trek...

Alessandro Moroni

Dello stesso autore vedi:
Dossier ARMI NUCLEARI
NANOSCIENZE E NANOTECNOLOGIE: il Futuro è adesso

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Le fonti rinnovabili
Fonti energetiche

Vedi anche il dossier di Legambiente:
“I problemi irrisolti del nucleare”

 

 

 

 

 

 

 

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