OVERLAND

Publié le 31-08-2009

de Daniele Ballarin


Nel 1995 Beppe Tenti crea Overland. L’intento: compiere il giro del mondo con camion appositamente attrezzati. Nell’arco di 6 anni ha attraversato 121 Paesi, percorrendo 1.500.000 km.

di Daniele Ballarin


Nel 1995 Beppe Tenti crea Overland in collaborazione con l’Iveco, con l’intento di compiere il giro del mondo per mezzo di camion appositamente attrezzati. Nell’arco di 6 anni la spedizione di Overland ha attraversato 121 Paesi, percorrendo 1.500.000 km . Con il materiale registrato è stata realizzata dalla RAI una trasmissione televisiva in 50 puntate, con altissimi indici di ascolto.
alta22.jpg

La prima è una domanda personale sulla tua esperienza: quando e come è partita?
Beh, è cominciata 41 anni fa, io facevo l’impresario edile, ma non sopportavo più i problemi legati alla mia attività. Allora ho smesso di fare l’impresario e mi sono messo a girare il mondo con il CAI UGET di Torino. Siamo andati sul Kilimangiaro in 58 persone e mi sono detto: che bella è questa vita! Quasi incomincio a farla davvero. Da lì è partita la storia.

Qual è la tua filosofia di vita?
Un senso di libertà che non ha confini; sai, i confini sono fatti per essere superati. Non solo il confine ideale della vita, quello che ti fa innamorare di essere vivo, dell’amicizia, della speranza, ma anche il confine delle pene che ci sono in giro per il mondo. Ho sempre immaginato nel mio piccolo di poter aiutare delle persone, per esempio poter alleviare le sofferenze ad un bambino. Ho creato una onlus (“Overland for smile” - n.d.r.) che va a curare i denti dei bambini degli orfanotrofi della Romania, della Bulgaria e della Moldavia, con l’aiuto di medici dentisti e di altri operatori. L’Iveco ci ha dato un camion, dove è stato allestito un moderno studio odontoiatrico attrezzato con tre poltrone operative, e due veicoli leggeri per il trasporto dei bambini e le ricognizioni.

Come sono le strade di Overland?
Overland viaggia in posti dove di strade non ce ne sono.
Il primo Overland arriva 28 anni dopo l’inizio della mia vita avventurosa per il mondo. Prima io andavo a piedi, in bicicletta, a cavallo, con slitte trainate dai cani, facevo alpinismo, trekking. Ho incominciato con i camion di Overland quando ho capito che la televisione era il mezzo moderno per poter sopravvivere: sono andato da Roma a New-York via terra; l’Iveco mi aveva messo a disposizione 6 camion a 6 ruoti motrici, raffreddati ad aria, che potevano sopportare temperature di 60 gradi sotto zero e difficoltà inenarrabili.

alta20.jpg Come si spiega secondo te il successo televisivo di Overland?
C’è perché le nostre avventure sono vere. Non è come “L’Isola dei Famosi”: tutti sanno che i protagonisti vivono in albergo, poi fanno solo alcune riprese, di giorno o di sera, a seconda della necessità. Noi facciamo un viaggio vero, ci fissiamo due punti: uno di partenza e uno di arrivo; in mezzo dobbiamo districarci tra mille difficoltà. Un ostacolo spaventoso è la burocrazia. Il nostro è un lavoro di gruppo, ma io sono l’unico responsabile di tutto: camion, attraversate, scalate, trekking, ma soprattutto voglio essere responsabile dell’amicizia e della vita anche di chi mi sta intorno. Arrivati alla meta, la sofferenza che ci aveva accompagnato nei momenti duri del viaggio resta solo un ricordo. In tanti hanno continuato a fare viaggi perché avevano scoperto una dimensione umana e sociale di libertà, non legata agli schemi normali.

Diverse volte siete stati in Cina, cosa ci racconti di questo grande Paese?
La Cina è in grado di sotterrarci tutti se l’Occidente non fa attenzione e non fissa delle regole di convivenza. Bisogna fare i conti con 1 miliardo e 400mila persone con le quali imparare a convivere, senza far loro la guerra. I cinesi non li puoi trattare dall’alto in basso. In genere sono persone amabili, con cui si riesce a lavorare benissimo, ed hanno una capacità di lavoro che noi nemmeno ci immaginiamo. Ma se li provochi e ti dicono che tu stai fuori dal loro Paese, tu non ci entri più!

Faccio un esempio: con Overland 4 ero arrivato in Kyrgyzstan e stavo per passare il confine per poi scendere fino a Pechino. Avevo tutti i visti e i permessi necessari, pagati 300.000 dollari, per stare tre giorni in Cina. All’improvviso mi bloccano i permessi perché avevano visto sul nostro sito internet una cartina con la scritta Tibet in rosso e più alta di alcuni millimetri rispetto alle altre. Mi hanno fatto aspettare cinque giorni. Ho dovuto cambiare tutto quello che c’era su internet, cancellare la scritta in rosso, scrivere Cina più grande, scrivere Tibet piccolo come le altre province, se si poteva anche più piccolo, per avere il permesso di entrare.

A fine ottobre dello scorso anno ero a Nanchino per dei festeggiamenti in una fabbrica; ero arrivato con una vecchia macchina, Itala. In uno stabilimento di 2.100 persone, lavorano ad ogni turno 700 persone; un turno, in rappresentanza anche degli altri due, fa una protesta, uno sciopero, non per chiedere un aumento di stipendio, ma perché le toilettes siano di più, un po’ più comode e quelle degli uomini un pochettino più lontano da quelle delle donne. Invece per i datori di lavoro le toilettes erano solo un luogo di perdita di tempo, quindi dovevano essere visibili a tutti, così chi le usava avrebbe fatto in fretta per non sentirsi a disagio. Gli operai chiedevano anche una mensa più confortevole, più calda, specialmente di inverno. Li hanno lasciati fare. Il mattino successivo hanno ritirato loro il tesserino e li hanno licenziati in tronco, tutti.
Le persone, con il libretto marchiato hanno avuto poi grandi problemi a trovare un altro posto di lavoro. In Cina dobbiamo fare i conti anche con situazioni di questo tipo!

La Cina è un Paese che, anche se ha dato una possibilità a tutti di sollevare la propria condizione economica, in molte cose non è per nulla differente da una dittatura. Chi non va a fondo nella realtà cinese, non riesce a capire perché ci sia tale predominio economico: se io sono una pulce è inutile che ammazzi il cavallo, me ne sto buono buono sul cavallo e vado avanti per sopravvivere.

La Cina ha delle sacche di povertà, specie dove si cava il carbone, contrapposte a zone di ricchezza. Ci sono miliardari pari al doppio della popolazione italiana, 180 milioni di persone! Ecco perché poi possono venire qui e comprare quello che vogliono, anche la Fiat - ma speriamo che non capiti. overland.jpg

Quanto costa un viaggio tipo?
Un viaggio può costare da 1.200.000 € a 1.600.000 €, fino a 2.000.000 €. Per esempio quello di Bering non aveva prezzo: il solo permesso russo costava 600.000 dollari a quel tempo, quindi 1.000.000.000 di lire!
Il nostro è un viaggio televisivo. Il costo del viaggio è dovuto al fatto che paghiamo due troupes televisive che ci seguono con tutte le loro costosissime attrezzature. Quando il viaggio è finito, il programma è solo al 40%. Tutto il materiale che abbiamo portato a casa va diviso, selezionato, classificato, studiato.
Ci vuole più tempo a selezionare le immagini, musicarle, mettere un commento che a fare il viaggio. è lì il vero costo, la nostra è una produzione televisiva vera e propria.

E come fate a finanziarvi?
È semplice, vendiamo i diritti italiani alla Rai, i diritti esteri alle televisioni estere che ci chiedono il prodotto e poi produciamo dvd e videocassette da vendere, che oltretutto ci servono per finanziare i progetti umanitari portati avanti da “Overland for smile”. Queste sono le tre fonti di reddito.

Il prossimo viaggio che farete?
Spero in Africa, se troviamo i soldi.

intervista a Beppe Tenti a cura di Daniele Ballarin
da Nuovo Progetto febbraio 2008

Info: overland.org

 

 

 

 

 

 

Ce site utilise des cookies. Si tu continues ta navigation tu consens à leur utilisation. Clique ici pour plus de détails

Ok