RIFUGIATI: in fuga dalla mia terra
Publié le 31-08-2009
Si celebra oggi, 20 giugno, la quinta Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita dalle Nazioni Unite per tenere viva l’attenzione sui problemi di coloro che debbono abbandonare forzatamente il loro Paese.
Il tema di quest’anno è “Il coraggio di essere rifugiato”. Ieri il Papa, prima dell’Angelus ha sottolineato l’importanza di porre l’accento sulla forza d’animo richiesta a chi deve lasciare tutto, a volte perfino la famiglia, per scampare a gravi difficoltà e pericoli. Ester, 26 anni, è una ragazza costretta a fuggire dal proprio Paese - la Repubblica Democratica del Congo - a causa della guerra, senza avere altre scelte: prima di essere travolta dagli eventi di violenza del suo Paese aveva un lavoro, un marito, una sistemazione; ora ha perso tutto ed è una rifugiata. In questa intervista ci parla di alcuni aspetti della sua storia. |
Quando abitavi a Kinshasa hai lavorato nella casa dell’ex presidente Mobutu… Un giorno l’incaricata delle provviste per la cucina della casa presidenziale ha dovuto trasferirsi all’estero. Poi ho conosciuto un ragazzo che mi ha proposto un lavoro, mi chiese se volevo lavorare in cucina. Accettai, pensando che fosse un ristorante; mio padre non era d’accordo, ma io volevo un lavoro. Così andai con quel giovane che mi portò nel quartiere presidenziale. Non me l’aveva detto prima - disse - perché se qualcuno l’avesse saputo poteva farmi del male. Il nuovo lavoro era faticoso, oltre che particolare, basti pensare che per fare la spesa ci spostavamo in un villaggio molto lontano cambiando vettura lungo il tragitto per non essere riconosciuti. Perché poi sei fuggita? |
| Una notte dei militari rwandesi sono venuti per violentare le donne del palazzo. Sentiti i rumori mi sono nascosta sotto il letto, un uomo è entrato con una torcia e si è accostato al letto: fortunatamente ha pensato che non ci fosse nessuno e se ne è andato. La stessa cosa si ripeté le notti successive. Ne abbiamo parlato con qualcuno, ma ci hanno risposto che noi donne ci inventavamo le cose. Poi alcune sono state uccise, allora, rischiando, abbiamo messo del sonnifero nel caffè delle guardie e di notte siamo scappati. Eravamo in 16, abbiamo dovuto attraversare la foresta, e abbiamo girovagato per due anni, sino ad arrivare in Zambia, dove qualcuno ci ha aiutato a procurare dei biglietti aerei clandestini. Pensavo che mio marito si fosse imbarcato con il mio stesso aereo e che ci portassero in Francia, invece mi sono trovata da sola qui in Spagna. Cosa puoi dirci dei problemi che tormentano il tuo Paese? |
Gli Hutu e i Tutsi sono appunto due “famiglie ingrandite”. I Tutsi in particolare erano commercianti ed andavano a vendere presso gli Hutu, i ragazzi Hutu andavano a loro volta presso i Tutsi e sposavano le loro donne. I Tutsi erano dei “militari” e quindi comandavano loro in casa e nel villaggio. Quando non si obbediva, i matrimoni finivano: questo è uno dei fattori da cui sono nati i dissidi e i primi disordini. Kabila e Mobutu, inizialmente amici e alleati, avevano pensato di sfruttare questa situazione per annettere il Congo al Rwanda. Kabila aveva inviato Mobutu in Congo con le truppe rwandesi per formare un unico grande esercito, che ottenne l’indipendenza del Congo nel 1960. Dopo questi fatti, Mobutu non ha più voluto l’alleanza con Kabila, ma fattosi nominare presidente del Congo, rafforzò la propria posizione unendo nell’esercito rwandesi e congolesi. Kabila, messo da parte, iniziò a mandare spie e a seminare malcontento nell’esercito, sino ad arrivare egli stesso al potere. |
Ma credi che il vero problema del Congo siano le etnie? la redazione |