Shahbaz, la voce della giustizia

Publié le 21-02-2018

de Redazione Sermig

di Elisa d'Adamo - La testimonianza di un uomo piccolo che pensava in grande.
«Da ragazzino non avevo capito pienamente la forza, la fede e il coraggio di mio fratello, solo con gli anni e con la sua tragica morte, ho compreso chi fosse veramente Shahbaz e ho deciso di continuare il suo operato». Inizia così, in modo molto familiare, l’incontro con Paul Bhatti, che ricorda il fratello minore in un libro dal titolo: Shahbaz. La voce della giustizia.

«Noi eravamo sei figli e siamo cresciuti in una famiglia cristiana molto religiosa in un villaggio del Pakistan, Stato a maggioranza musulmana. Un Paese islamico al 95%, dove le minoranze di cristiani, induisti, buddisti, sikh professano i loro culti in un ambiente sempre più intollerante ed estremista».
Proprio da qui parte l’azione del giovanissimo Shahbaz che, a soli dodici anni, fonda, insieme ad altri bambini, l’associazione Voce della Giustizia, in favore della giustizia e della pace nel villaggio. La sua vocazione e le sue convinzioni sono molto forti e negli anni si dedica con tenacia ai cristiani perseguitati e alla gente più debole, emarginata.

Paul racconta molti episodi accaduti durante l’adolescenza del fratello, come quando accolse in casa una coppia accusata ingiustamente di blasfemia, oppure quando diede tutti i soldi della paghetta ad un anziano mendicante. Poi le strade dei due fratelli si separano: Paul vince una borsa di studio e inizia i suoi studi in Italia, che lo portano a diventare un chirurgo a Padova; Shahbaz invece rimane in Pakistan e sposa la causa di battersi per i più deboli, i più poveri e per le minoranze di ogni religione. Nonostante gli inviti fraterni a dedicarsi agli studi e alla crescita professionale, egli decide di stare in prima linea, di combattere contro le ingiustizie ed entra in politica.
È dotato di un forte carisma e attrae molti consensi, tra i cristiani ma anche tra i musulmani. Sta con la gente e vive per realizzare il suo progetto di bene.

Come racconta Paul, egli adottava un metodo politico particolare: entrava in relazione con le persone ed instaurava un rapporto umano con loro, capace di trascendere differenze di opinioni e posizioni. Shahbaz diventa Ministro per le minoranze religiose ed è il primo cristiano ad entrare nel governo pakistano.
Nel giro di due anni compie una serie di riforme, convinto di dare una rappresentanza sociale e politica a tutte le categorie emarginate. Proprio per questo, si espone alle critiche e alle minacce degli estremisti islamici, che culminano nella sua uccisione il 2 marzo del 2011. La sua eredità viene raccolta proprio da Paul, che torna a vivere in Pakistan per continuare l’opera politica e le battaglie del fratello.

Questo libro, spiega l’autore, nasce dall’esigenza di condividere gli aspetti più intimi di Shahbaz come persona, al di là dei suoi successi politici ed istituzionali.
Tra le pagine, possiamo intuire l’umanità e la complessità dei sentimenti e leggere il testamento spirituale di un uomo che non voleva popolarità o posizioni di potere, ma solo un posto ai piedi di Gesù.

Elisa d'Adamo
LIBRI DEL DIALOGO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

Ce site utilise des cookies. Si tu continues ta navigation tu consens à leur utilisation. Clique ici pour plus de détails

Ok