USA: strategia fede

Publié le 31-08-2009

de sandro


Sono corsi fiumi di parole, nell’intento di commentare il successo di Bush, Presidente in guerra. Forse bastano pochi cenni, per uscire dalle sorprese, dagli sconcerti o dagli imbarazzi.

... Corrado Avagnina

Intanto gran afflusso alle urne, per gli USA abituati altrimenti in occasione del voto per la Casa Bianca. La democrazia che ha nell’urna il suo gesto sommo è un punto fermo, di cui tener conto, sempre. E questa voglia di esprimersi, all’interno della maxi-potenza mondiale, è un segnale interessante. A dispetto dell’esito elettorale (che piaccia o no).

Noi di Bush conosciamo soprattutto la politica estera, che riguarda le sorti dell’intero pianeta. E il suo modo di collocarsi dentro i punti caldi dello scacchiere internazionale non ci tranquillizza, anzi ci allarma. Anche se gli americani che l’hanno confermato Presidente forse si pensano maggiormente rassicurati proprio da lui, rispetto alla grande paura che li ha presi. Un primo elemento da soppesare è quindi quello della sicurezza, dopo la fibrillazione del colosso americano, ferito angosciosamente dall’11 settembre e quindi messo alle corde dal terrorismo impalpabile e terrificante. Bush su questo punto forse è riuscito a far maggiormente breccia nei sentimenti feriti dell’orgoglio USA.


Agensir
Ovviamente, noi non condividiamo la logica della “guerra preventiva” nell’azione ferma di contrasto al terrorismo che zig-zaga nella sua tattica asimmetrica. Già la guerra “tout court” si porta appresso l’armamentario di violenze e distruzioni che sono finite poi inevitabilmente nei nostri teleschermi. Ma questo voler cercare un capro espiatorio tra i cosiddetti “Stati canaglia”, senza un avallo Onu, senza tener presenti le conseguenze, senza valutarne i contraccolpi complessivi ed i costi umani… è impressionante. Da sindrome da Far West. Ma il mondo non è appunto un unico indistinto… Far West!
Non è poi saggio che gli States abbiano cercato di lasciare la intricata situazione israelo-palestinese al suo conflittuale destino o, peggio, nelle mani esclusive di Sharon. Abdicando ad un soluzione equa, da imporre anche al governo di Tel Aviv.
Non è condivisibile che Bush scarichi l’Europa per un verso e poi la selezioni a seconda di chi in essa lo sostiene nelle sue mire di potenza.
Ma Bush è stato probabilmente votato più per ragioni interne che non ci riguardano e che forse stentiamo a capire fino in fondo. La destra economica l’ha preso in braccio. E questo non fa un grinza (almeno nella prospettiva di una certa America coerente con un liberismo sfrenato ed anche un po’ folle). Invece fa discutere gli analisti, soprattutto in Europa ed in Italia, il fatto che l’abbiano appoggiato le Chiese, anche quelle più fondamentaliste.

Forse non ha torto l’ex-presidente Clinton a ricordare come i democratici con Kerry non abbiano saputo spiegare che anche sulla loro sponda i valori etici sono prioritari, sia pure in un quadro più liberal. I democratici hanno inopinatamente lasciato un fianco scoperto, nella loro malintesa e proclamata laicità. Correndo il rischio di un libertarismo sconcertante e disorientante.
Invece è sembrato che l’esclusiva dei valori appunto sia rimasta in mano a Bush, che ha portato a casa il grosso risultato. Comunque, al di là di difetti di comunicazione o (al contrario) di forme azzeccate di promozione, restano, proprio sul terreno della problematica laicità della politica (per due credenti dichiarati – sia pure diversi – come Bush e Kerry), i nodi da sciogliere.

Preoccupante certo l’orizzonte lasciato intravedere dai democratici sulle frontiere dell’etica familiare e personale (dall’aborto ai matrimoni gay, alla genetica…). Ma inaccettabile che Bush resti un campione inattaccabile sempre sul piano etico. Infatti non c’è solo la morale familiare e personale. E non è un pedaggio al sociologismo di maniera rilanciare altri interrogativi seri e stringenti su ulteriori fronti messi tra parentesi (volutamente?).

Infatti non hanno peso etico le menzogne sulle armi di distruzione di massa in Iraq o i metodi usati ad Abu Ghraib ed a Guantanamo o la stessa famigerata guerra preventiva? Non hanno rilevanza morale le strategie liberiste che generano milioni di poveri, che non assicurano un servizio sanitario in misura della persona in necessità e non in riferimento alla carta di credito di cui dispone? Già, ma probabilmente queste sono categorie che Oltreoceano si fatica a mettere insieme.

Oltreché di laicità nella politica forse si dovrebbe riflettere sull’etica non selezionabile (né da una sponda né dall’altra), trovando valori comuni, condivisi e… coerenti, su cui costruire una società vivibile e rispettosa per tutti. Adesso in molti si è andati scavare dentro il profondo “religioso” degli USA, dove Bush ha avuto la meglio. E dalle nostre parti si un è po’ frettolosamente tirata qualche conclusione azzardata, proprio in materia di valori. La cosiddetta riscoperta etica degli americani dovrebbe riproporsi politicamente anche in Italia, questo è l’assunto. L’annotazione appare non del tutto disinteressata, in chiave elettorale. Ma questa proclamata ripresa è perché nei valori si crede fino in fondo coniugandoli con laicità e pluralismo o perché la gente mostra soltanto di credervi?







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