Abbracci gratis

Publié le 12-02-2016

de Marco Grossetti

di Marco Grossetti - Per scacciare la paura, spegnere la rabbia e tenere lontano l’odio.
C’è una casa con una stufa che non viene mai accesa perché costa troppi soldi dove fa tanto, tanto freddo. Un’altra in cui nello stesso letto dormono cinque persone dove fa molto meno freddo, soprattutto sotto le coperte, ma è tutto un po’ tanto, tanto triste. Una mamma che dopo essersi presa cura di suo marito che non ci vede più, quando tutti vanno a dormire si riposa lavando a mano uno alla volta i vestiti di tutta la famiglia perché la lavatrice è un lusso che non si possono permettere. Un bambino che a cena si siede a tavola a mangiare da solo, perché il papà è appena andato a lavorare e la mamma lo sta ancora facendo, genitori che sfiniti dalle domande dei loro figli, fanno finta di avere un mestiere che non sanno neanche come si fa, per non deludere le loro aspettative. Una mamma con il labbro gonfio perché papà è convinto di potere stare con più di una donna, che rassicura la sua bambina dicendole che è tutto a posto, è soltanto tanto distratta e inciampa sempre, non è vero che mamma e papà non si vogliono più bene. Un’altra che da po’ di mesi esce di casa solo con il velo perché per non finire anche lei con qualcosa di rotto, ha capito che forse era meglio cambiare religione. 


NIENTE
Sono le storie di ordinaria amministrazione di alcuni bambini che abitano nel quartiere multietnico di Porta Palazzo a Torino, dove tanti adulti sembrano essere ancora più fragili e deboli dei loro figli. Tutto è al contrario, rovesciato, capovolto, sottosopra, come se una fatina buona si fosse confusa e avesse usato per sbaglio la bacchetta magica dal verso cattivo combinando un sacco di guai. Un bimbo che sarebbe l’ultimo della classe, in un altro quartiere della stessa città diventa un piccolo genio bravissimo a fare tutto, semplicemente perché sta sempre zitto e seduto senza mai urlare, buttarsi per terra e picchiare i compagni e la maestra, anche se in quarta elementare non ha ancora imparato a leggere e a contare. Le scuole pubbliche del territorio, come anche i Servizi sociali, sono costrette a lavorare senza che venga presa nessuna misura a livello politico perché possano avere delle risorse in più per affrontare una situazione di totale emergenza: l’insegnamento della lingua italiana, una visita neuropsichiatrica per la certificazione di un problema e il conseguente aiuto per superarlo, un percorso terapeutico con una psicologa o una logopedista, sono servizi che semplicemente non ci sono per tutti quelli che ne avrebbero bisogno. Nessuno fa niente perché tanto non si può fare niente.

QUALCOSA
In mezzo a tutto questo, poi ci sono anche loro. I bambini. C’è una bimba che corre a perdifiato per ore e ore a regalare abbracci, specificando dolcemente al fortunato ricevitore del dono di non preoccuparsi perché sono tutti abbracci gratis. Anche se i grandi non riescono a fare i grandi e i diritti dei più piccoli non vengono rispettati, loro non smettono un attimo di portare a compimento la missione per cui sono arrivati qui e fare il proprio dovere senza sprecare un secondo: giocare fino a svenire e continuare a fare i bambini. Prima divorano alla velocità della luce tutte le patatine che ci sono nel pacchetto senza lasciare al cestino neanche una briciola, poi riempiono accuratamente la testa di pensieri belli fino a farla scoppiare, per tenere fuori dal cuore tutti i problemi, con il solo unico bisogno che fa sparire gli altri, di sentire qualcuno gli vuole bene. Allora bastano un paio di pattini per volare come se avessero le ali anche se inciampano ogni due metri e i pantaloni sono tutti pieni di toppe, un trapezio tra le mani per staccare i piedi da terra, sentire il cielo un po’ più vicino e dimenticare le cose brutte, una sciarpa da legare stretta stretta sopra gli occhi per giocare a mosca cieca e diventare l’insetto più felice del mondo, anche senza riuscire mai a catturare nessuno.

TANTO
Sono bambini mussulmani e cristiani e non sanno neanche bene loro che cosa, perché la religione, come la cultura, il Paese da cui vengono e il colore della pelle sono etichette dei grandi che a loro non servono per nessun gioco. Pregano insieme chiedendo a Dio di diventare più buoni stringendo tra le mani un sacchetto dove lasciano cadere lacrime, preghiere, matite, braccialetti, monete perché sanno che ci sono bambini più sfortunati di loro. Fanno a gara a dividere la loro scorta personale di caramelle gommose colorate a forma di orsetto con tutti gli altri bambini, per ricevere il maggior numero possibile di grazie, contandoli ad uno ad uno e ringraziandosi da soli per tutte quelle che mangiano mentre nessuno li vede. Quando tutto l’affetto che gli manca vuole farli diventare un po’ brutti, cattivi e soprattutto tanto tristi, per spegnere la rabbia, tenere lontano l’odio, fregare la paura e cancellare le lacrime, si ricordano di una parola magica, scusa, in grado di far ritornare tutto come prima, perché non devono mai vincere le botte. Allora prendono la forza, la fiducia e il coraggio non si capisce bene da dove e nonostante tutto l’amore che non ricevono, ricominciano a regalare abbracci con gli occhi pieni di luce, convinti che sia tutto possibile, soprattutto essere dei bambini felici.

TUTTO
Come direbbero loro, basta volerlo con tutto il cuore, stringere le mani e poi accade: magari un giorno mamma imparerà a non inciampare più e papà tornerà a stare per sempre a casa, la fatina buona inizierà a fare comparire le lavatrici, accendere le stufe e aggiungere i letti, che tanto per le caramelle, le patatine, i giochi e gli abbracci si sono organizzati benissimo da soli. Loro non possono fare altre che continuare a crederci. Allora si armano di tutta la pazienza che è caduta dal cuore di mamma e papà e non si stancano di ripetere che non bisogna avere paura di essere buoni, che gli altri vanno trattati come vorresti essere trattato tu, che loro non possono essere felici se un altro bambino è triste. Raccontarsi e raccontare ai grandi delle storie belle è l’unica cosa che sanno fare per curare le cicatrici e i segni profondi lasciati sul cuore dal male e mantenere accesa la luce che riempie i loro occhi. L’unica medicina che hanno trovato per guarire le ferite della loro piccola anima e credere ancora in un tempo senza paura, botte, freddo, tristezza. L’unica arma che possiedono oltre alle lacrime e agli abbracci per fare arrivare questo tempo il prima possibile. È per questo che non smettono mai di raccontare storie dove tutti si vogliono bene e diventano amici per sempre. Se no anche l’ultima luce si spegnerebbe. Non sanno fare altro e non possono fare altro.


Se vuoi partecipare alla campagna di speranza del Sermig #untemposenzavoi puoi:
acquistare il brano nei negozi digitali 
condividere il videoclip da Youtube
sostenere i progetti del Sermig per i bambini Italiani e di tutto il mondo:
C/C bancario intestato: Centro Come Noi - Causale #untemposenzavoi
IBAN IT79B0335901600100000003763
BIC BCITITMX

Ce site utilise des cookies. Si tu continues ta navigation tu consens à leur utilisation. Clique ici pour plus de détails

Ok