Anche oggi piove

Publié le 17-05-2016

de Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - La memoria del passato per vivere in pienezza il presente. Nessuno escluso.
Roma, tardo pomeriggio del 5 maggio del 1936. Benito Mussolini si affaccia al balcone di Palazzo Venezia.

La folla in attesa. Così in decine di piazze italiane. L’atmosfera è quella delle grandi occasioni, la messa in scena già vista mille volte negli anni della dittatura. Mussolini si svela, parla tra gli applausi, annuncia all'Italia e al mondo la sua ultima conquista: “Il maresciallo Badoglio mi telegrafa: oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba”. Finiva così, almeno formalmente, la guerra di Etiopia iniziata sette mesi prima: l’aggressione a un paese sovrano per costruire un impero coloniale, sull'esempio delle altre potenze. Politica a parte, fu una delle pagine nere della nostra storia, una pagina purtroppo rimossa da oltre 500mila morti, annacquata dal mito degli “Italiani brava gente”.

In realtà ci comportammo all'opposto. Senza alcuna ragione, fummo tra i primi paesi a utilizzare le armi chimiche su obiettivi militari e civili. Mussolini autorizzò da subito i suoi generali, prima Badoglio e poi Graziani a impiegare “su vasta scala qualunque gas e lanciafiamme”, “tutti i mezzi di guerra – dico tutti – sia dall'alto come da terra”. Scritto nero su bianco sui telegrammi inviati al fronte, la logica della terra bruciata come unica strategia.
Le testimonianze dei protagonisti si commentano da sole. Come quella dell’imperatore Hailé Selassié.

“A Quoram, squadriglie di sette o di nove apparecchi sorvolarono il nostro Quartier generale, le nostre truppe, i nostri villaggi, per intere settimane, dall'alba al tramonto. (…) Il paese sembrava sciogliersi. (…). Ogni essere vivente che veniva toccato dalla leggera pioggia caduta dagli aerei, che aveva bevuto l’acqua avvelenata o mangiato cibi contaminati, fuggiva urlando e andava a rifugiarsi nelle capanne o nel folto dei boschi per morirvi (…). C’erano cadaveri dappertutto, in ogni macchia, sotto ogni albero, ovunque ci fosse la parvenza di un rifugio. Non si poteva però pensare di seppellire i cadaveri, perché erano più numerosi dei vivi. Si dice che mai nessuno è tornato dall'Inferno, ma questa parola deve essere usata con prudenza. A noi sembra proprio di essere tornati dall'Inferno“.

E ancora, i ricordi di ras Immirù raccolti dallo storico Angelo Del Boca. “Era la mattina del 23 dicembre e avevo da poco attraversato il Tacazzè, quando comparvero nel cielo alcuni aeroplani. Il fatto, tuttavia, non ci allarmò troppo, perché ormai ci eravamo abituati ai bombardamenti. Quel mattino, però, non lanciarono bombe, ma strani fusti che si rompevano, appena toccavano il suolo o l’acqua del fiume, e proiettavano intorno un liquido incolore. Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stava accadendo, alcune centinaia tra i miei uomini erano rimasti colpiti dal misterioso liquido e urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in un’agonia che durò ore. Fra i colpiti c’erano anche dei contadini, che avevano portato le mandrie al fiume, e gente dei villaggi vicini. I miei sottocapi, intanto, mi avevano circondato e mi chiedevano consiglio, ma io ero stordito, non sapevo che cosa rispondere, non sapevo come combattere questa pioggia che bruciava e uccideva”.

Quella pioggia era l’iprite. Una pioggia caduta 80 anni fa impunemente, perché nessun generale italiano ha pagato per quei crimini. Una pioggia che oggi forse ignoriamo o abbiamo dimenticato. La dimentichiamo quando ci sentiamo immuni dall'orrore, quando nonostante tutto ci consideriamo operatori di pace, quando le tragedie della storia non ci toccano e consideriamo le tragedie presenti solo un problema da cui difenderci. Non è così. La storia è una ruota perché vittime e carnefici possiamo essere tutti. Saggezza è ricordarlo, non dimenticare, commuoverci. Perché – forse non per colpa nostra – anche oggi piove.

 

 

 

  
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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