Gesù e i soldati romani

Publié le 21-11-2014

de dom Luciano Mendes

Patxi Velasco Fano, Aiutami ad amare il mio nemicoC’è un disordine molto grande nell’uso dei beni della terra. Noi che ci crediamo uguali nella dignità siamo a volte ineguali nell’uso dei beni della terra: a molti manca ciò che è dovuto alla dignità della persona, manca il necessario per la vita. Come mai Dio permette queste cose?

Gesù entra in un mondo violento: la sua terra è invasa dai romani, un gruppo violento, militarizzato, e i suoi concittadini hanno nel cuore il desiderio della liberazione, tant’è che sperano in un liberatore.
Cosa fa Gesù di fronte a questa situazione? “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano”, ricordate nei Vangeli. Matteo, nel discorso della montagna, riporta la legge dell’epoca, ma fa notare che mentre Gesù conosce questa legge di violenza e vendetta, propone una conversione per cambiare comportamento.
Se continuiamo nella lettura arriviamo al punto in cui ci chiede di amare i nemici e pregare per i persecutori, per essere perfetti come il Padre. Se leggiamo la versione di Luca ritroviamo questo invito ad amare i nemici e a fare del bene a chi ci odia, sino a benedire chi ci maledice. Quello che Gesù propone è un cambiamento strutturale, una situazione completamente nuova, una nuova legge. E Lui è la nuova legge.

Il sacerdozio di Cristo nasce dalla sua misericordia, dal suo condividere la nostra condizione umana anche nella sofferenza (cfr. Eb 4,14-5,3). Gesù ha voluto farsi uno di noi per subire le stesse cose che subiamo noi, non ha voluto capire da Dio la sofferenza umana, ma ha voluto farsi uomo e provarla sulla propria pelle. Non si è vergognato di essere nostro fratello. Quello che ci propone Gesù è un’esperienza vitale della sofferenza umana.

Mi ricordo quando a 17 anni sono andato in seminario. Avevo con me una penna di valore, il violino che suonavo e delle scarpe speciali. Il padre che mi accoglie mi dice: “Il violino puoi metterlo qui, la penna nel cassetto insieme all’orologio che non è necessario, e le scarpe è meglio cambiarle, perché sono diverse da quelle degli altri”. La biancheria era comune e la tonaca che ci davano era usata. E questa è stata già una prima esperienza. Poi ci hanno inviato a lavorare all’ospedale, a far pulizie per un mese. Il mese dopo siamo stati mandati presso una casa di esercizi spirituali per dare la cera al pavimento in 40 camere, poi a lavorare tra i poveri, poi a chiedere l’elemosina… Abbiamo passato due anni così. All’inizio non capivo, poi ho capito che era una grazia fare l’esperienza di vita delle persone semplici. Non era solo un noviziato, ma un fare esperienza della vita dei sofferenti, senza la quale non puoi essere consacrato a Dio.

Sono esperienze necessarie quelle che sant’Ignazio chiamava le prove che uno doveva affrontare per abituarsi ad un modo cristiano di vivere, in una società del benessere che tende a dimenticarsi degli ammalati, dei prigionieri, dei disabili… Stare lì, passare ore con loro, aiutare. È proprio l’esempio che ci ha dato Gesù vivendo 30 anni a Nazareth, tra i poveri, la violenza, i soldati romani.


Dom Luciano Mendes de Almeida
da NP
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