SHOAH: per non dimenticare

Publié le 31-08-2009

de Redazione Sermig


“Il teatro delle Verità” è la nuova compagnia teatrale (ragazzi ebrei ed arabi insieme) creata da Angelica e Yehuda, i cui nomi sono ormai sempre più spesso associati all’educazione al dialogo ed alla pace.

di Angelica E. Calo Livne



Anne in the sky
Io lo so che molti ormai non ci credono più. Che molti hanno perso la speranza di vedere un giorno il Medio Oriente in pace. Eppure, nell’agosto 2006, mentre nei cieli di Israele imperversano migliaia di katiusha, arriva una lettera a mia madre: "Gentile Signora Di Tivoli, siamo del Circolo Tullio Colsalvatico, l'uomo che salvò tanti Ebrei dalla furia dei nazisti.

Vorremmo proporre il suo nome al Museo Yad Vashem di Gerusalemme per annoverarlo tra i Giusti che rischiarono la loro vita per salvare tante persone. Sappiamo che Lei, con la Sua famiglia eravate tra loro e saremmo lieti di invitarLa per il giorno della Memoria qui a Tolentino". Mia madre da tempo non sta bene ma questa lettera risveglia in lei tutto il suo innato ottimismo, quella luce che ha sempre avuto negli occhi. Un vento leggero la riporta a quei tempi in cui aveva 7 anni e, subito dopo "l'oro di Roma", suo padre, mio nonno Cesare, decide di trasferirsi con tutta la famiglia in un posto sicuro, perché non crede nelle promesse dei tedeschi di risparmiare gli ebrei della capitale se fossero riusciti a consegnare nelle loro mani 50 kg d'oro.

Tutta la famiglia, più di 40 persone, era arrivata a Fiastra, nelle Marche: zii, cugini, alcuni con la fidanzata, alcuni appena sposati. Si sparsero per non dare nell'occhio, cinque ad Acquacanina, altri a Tolentino e altri a S. Lorenzo al Fiume. Colsalvatico aveva procurato a tutti carte d'identità false. Nonno non si chiamava più Cesare Di Tivoli ma Luigi Cesari e tutti i bambini della famiglia non avrebbero dovuto dire mai di essere ebrei; il loro nome era un altro ed erano nati li, sulle colline delle Marche.

Mamma, alta sì e no un metro e mezzo con una cascata di riccioli alla Shirley Temple, andava in giro con nonno, si fermavano sulle piazze, aprivano una valigetta di fili, aghi e stoffe, conservati dal negozio di via Palestro a Roma; lei cantava danzando come al "varietà" e nonno, in cambio di un rocchetto di filo, chiedeva due uova o una pagnotta. Mia madre, come tante sue piccole coetanee ebree, a sette anni aveva imparato a portare da mangiare a casa per tutta la famiglia.
Travolta dai ricordi, mamma risponde a Franco Maiolati – del Circolo Tullio Colsalvatico - con una splendida lettera di ringraziamento, colma di aneddoti di quei tempi e mi manda in copia la sua risposta.


I ragazzi del Teatro delle Verità cantano
“Od yavo shalom alenu”

Maiolati la ringrazia emozionato e domanda se questa Edna del kibbuz Sasa, a cuila lattera è inviata in copia, è la stessa Angelica che parlò di educazione e di teatro di ragazzi ebrei ed arabi in Galilea al Meeting di Rimini nel 2002... alla risposta affermativa e commossa di mamma, Maiolati lancia l'invito senza precedenti: "Sarebbe meraviglioso per noi avervi qui, a Tolentino, con il vostro spettacolo su Anna Frank, proprio nel Giorno della Memoria, con tua madre e con tutti i ragazzi!”.

Per l'occasione decidiamo di ri-allestire lo spettacolo “Anne in the sky”, ispirato al diario di Anna Frank. In un mese e mezzo metto su una nuova Compagnia, “Il Teatro delle Verità”, ragazzi di 18-23 anni, ebrei, cristiani e mussulmani: sette di loro vivono in una comunità a S. Giovanni d'Acri e fanno un anno di volontariato nel Movimento giovanile “Hashomer Hatzair”. Altri tre sono volontari in associazioni umanitarie dedite all'educazione e all'aiuto per ragazzi a rischio. Tutti si arruoleranno obbligatoriamente in Zahal (“Israel Defense Forces”, l’esercito israeliano – n.d.r.) entro il 2007. I ragazzi arabi sono studenti all'universita.

Tutti portano sul palco la loro realtà, le loro sofferenze, le loro paure e la loro speranza. I bombardamenti di Amsterdam di 60 anni fa, che li sconvolgono durante lo spettacolo, loro li hanno vissuti sulla pelle sei mesi fa, a Pekiin, a Jish, a Sasa, a Eilon, in tutta la Galilea! E i 1200 ragazzi di Varese, i 1800 di Milano, e tutti gli altri di Malnate, di Agrate, di Gorla Minore, loro sensibili coetanei, assistono in silenzio sacrale al loro messaggio e alla fine entusiasti cantano insieme a loro in ebraico: “Od yavo shalom alenu!”, “Verrà la pace su di noi!”.

Nel corso della settimana 5000 persone, tra adolescenti, bambini, adulti, amici, insegnanti, polizia e carabinieri che ci fanno da guardia, tecnici delle luci, assistono con il respiro sospeso all'emozione allo spettacolo. Finché arriva il messaggio chiaro: Pavel di Cracovia, Amelia di Roma, Margot di Berlino, non ci sono più: sognare è un diritto e un dovere ma a questi ragazzi ebrei questo diritto è stato tolto. Siamo qui per dirvi, insieme, "Aiutateci a far sognare tutti coloro che non possono farlo, facciamo sì che il messaggio di Anna Frank continui a propagarsi, per i ragazzi di tutto il mondo. La Shoah è un monito. PER TUTTI, senza differenza di religione, Paese o cultura."


Angelica Edna Calò Livné parla agli studenti di Milano
E il cerchio si chiude a Roma, veramente dall'Alto, quando i ragazzi ci chiedono di poter acquistare un piccolo ricordo. Decidiamo di condurli a Porta Portese e loro, entusiasti, si perdono tra le bancarelle colorate del mercato vociante. Proprio lì sulla piazza abita mio zio Sabatino, uno degli 11 sopravvissuti al famigerato 16 ottobre 1943 (quando i soldati tedeschi, circondato il vecchio Ghetto ebraico di Roma, rastrellarono 2.091 ebrei, deportandoli nei campi di concentramento in Germania – n.d.r.). E improvvisamente mi rendo conto che per tutta la settimana abbiamo ricordato lui, la sua famiglia... Amelia, sua sorella, uccisa a 16 anni.
I miei zii sono emozionati e felici di vederci ed insistono per invitare a pranzo tutti e 18 i ragazzi della compagnia; la casa si riempie di voci, di lingue diverse e di allegria. Zia Pupetta mostra ai ragazzi la foto di Amelia, biondissima, sorridente, ignara. Dopo aver mangiato insieme e raccontato di noi e di loro, chiedo a zio di mostrare il suo braccio ai ragazzi arabi. Lui solleva la manica e appare il numero marchiato. In blu. 158556. E’ come una folgorazione... è come se tutta quella settimana della Memoria fosse racchiusa in quei sei numeri. Uno dei ragazzi, a bassa voce, con un nodo alla gola dice timidamente: "Volevo dirvi che Auschwitz non è solo degli ebrei. E’ di tutta l'Umanità. Perché lì non sono stati uccisi solo gli ebrei. Li è stato annientato l'Uomo in quanto uomo!".
E io sento che la fatica non è stata vana. E che si può ancora sperare in un futuro diverso. Migliore.
Angelica Edna Calò Livné
Pubblicato dal mensile Shalom della Comunità Ebraica di Roma
Vedi anche:
ISRAELE: in principio era la pace
27 gennaio 2007: GIORNATA DELLA MEMORIA
Approfondimento su L’oro di Roma
Vedi scheda Israele formazione ed educazione



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