SOMALIA: una cristiana senza etichette

Publié le 31-08-2009

de sandro


Annalena
traduceva i suoi ideali interiori nel servizio ai più deboli; apriva ospedali per i malati e scuole per i bambini. Le ho domandato: "Come si può resistere così a lungo in una solitudine tanto profonda?". "Si resiste solo se ci si sente fortemente abitati" - è stata la sua risposta.
Più che una risposta, il programma per tutta una vita.

Rilanciamo la testimonianza che Ernesto Olivero scrisse nel ’94 in occasione di uno degli incontri con Annalena Tonelli, la missionaria laica assassinata domenica sera in Somaliland.


E' più tragica la violenza in Bosnia,
nella ex-Jugoslavia o il genocidio del Rwanda? La guerra in Libano o in Somalia? Molte di queste tragedie e altre le ho viste in prima persona, alcune le ho raccontate, altre le ho conservate nel cuore e basta.

Quando è scoppiata sui mass-media la tragedia della Somalia (dicono oltre un milione di morti tra guerra, vendette e fame che sovente si incrociano), il telefono della nostra casa ha cominciato a squillare e il ritornello era sempre lo stesso: "Vi diamo dei soldi, dei viveri, andate in quella terra martoriata, di voi ci fidiamo!" Tutte le nostre missioni di pace praticamente sono nate così: la gente insistentemente ce lo ha chiesto.

Per farla breve abbiamo riempito di viveri, medicinali, indumenti per la Somalia sei aerei e per tre volte anch'io ho accompagnato il carico, tra gennaio e febbraio del '94.
Sono stati giorni in cui non ci si poteva sentire al sicuro; spesso ho dovuto indossare il giubbotto antiproiettile, viaggiare e parlare con la gente circondato da militari e difeso dai mitra.

Sono andato in questa terra, non solo perchè la gente me lo ha chiesto, ma anche per non dimenticare la crocerossina Maria Cristina Luinetti. Nel piccolo ambulatorio di Mogadiscio dove è stata uccisa, massacrata da un poveraccio, mi sono inginocchiato per abbracciare idealmente questa ragazza che era andata a fare del bene e che sentiva che sarebbe morta. Sono andato in Somalia anche per lei e sento che con questa ragazza abbiamo tessuto un rapporto di grande comunione.

Il primo ad accogliermi è stato il vice comandante del contingente italiano, colonnello Cantone. Quest' uomo mi ha osservato, mi ha preso le misure e nell' ultimo viaggio mi ha offerto un regalo: mi ha fatto conoscere una donna che - a suo parere - mi rassomigliava, di cui sarei diventato immediatamente amico. Si trovava ad almeno 200 km dal campo base e bisognava raggiungerla in elicottero. Non ho opposto resistenza a questo incontro e così ho conosciuto Annalena; più o meno la mia età, da venticinque anni in Somalia, cristiana senza etichette.

Annalena traduceva i suoi ideali interiori nel servizio ai più deboli; apriva ospedali per i malati e scuole per i bambini. Le ho domandato: "Come si può resistere così a lungo in una solitudine tanto profonda?". "Si resiste solo se ci si sente fortemente abitati" - è stata la sua risposta. Più che una risposta, il programma per tutta una vita.

Appena l'ho vista mi sono accorto che ci conoscevamo già: il silenzio, il sudore, la gratuità aprono queste dimensioni di comunione e fanno sentire amiche, conosciute da sempre, anche persone che si vedono per la prima volta. La sera, nel campo di Balad, si sono raccolti, seduti sulla sabbia del deserto, un migliaio di soldati del nostro contingente. Il generale Fiore ha voluto che tenessi a quei ragazzi giovani una lezione di pace. Nel silenzio magico di quella notte africana, il caldo stemperato da una leggera brezza, la commozione mi ha preso.

Ho parlato di pace attraverso l' esperienza della mia vita; ho raccolto la rabbia, i dubbi, le paure di quei ragazzi che smessa la divisa sarebbero tornati a passarmi accanto, spesso senza valori e senza mete. Il loro entusiasmo di essere lì per aiutare qualcuno, mi ha fatto sentire ancora una volta la bontà del cuore dell' uomo, quando fa del dono agli altri il suo scopo di vita.

Ernesto Olivero

 

 

 


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