Giovani & chiesa

Publié le 31-08-2009

de Redazione Sermig



“Sentirsi a casa nella chiesa”: un nuovo sondaggio sul disagio giovanile ecclesiale a margine della recente inchiesta Iard, commentata per noi da mons. Domenico Sigalini.

a cura della redazione


A poco più di un anno dalla presentazione dell’indagine sulla spiritualità giovanile commissionata all’Istituto di ricerca Iard dal Cop (Centro di orientamento pastorale), mons. Lucio Sembrano, da anni amico del Sermig, lancia un sondaggio. Intende approfondire le aspettative di quella fascia di giovani oltre i 25 anni che, si riaffacciano alla vita ecclesiale senza trovare però una pastorale adeguata: “Sei invitato a rispondere a un questionario anonimo, i cui risultati verranno portati all'attenzione dei responsabili della Pastorale Giovanile; così puoi far molto per arginare il fenomeno del disagio di chi vorrebbe sentirsi parte attiva della Chiesa e invece si trova ai margini”.

Pubblichiamo l’articolo, di commento all’indagine Iard, di Domenico Sigalini, presidente del Cop e vescovo di Palestrina (indagine effettuata nel corso del 2004 su 3mila giovani in tutta Italia) ed il link al sondaggio “Sentirsi a casa nella Chiesa”:
http://sentirsiacasanellachiesa.blogspot.com/2007/05/sondaggio-per-una-chiesa-pi-accogliente.html

 


IN ASTINENZA DA FEDE
di Domenico Sigalini

Il mondo dei giovani è molto vario, molto colorato, popolato da presenze non facilmente semplificabili in uno schema, anche se con alcune caratteristiche generali. Per esempio, la giovinezza è un periodo della vita che tende ad allungarsi. L’inchiesta Iard la colloca tra i 15 e i 34 anni. Diventano giovani presto e non se ne vanno più, o meglio, non li lasciamo diventare adulti prima. Hanno una domanda religiosa che da più di vent’anni è pressoché costante se non in crescita.

Assistiamo a una sorta di contraddizione: gli adulti hanno meno domande religiose dei giovani e forse frequentano di più la comunità cristiana, i giovani hanno più domande religiose e frequentano di meno, perché forse non si sentono interpretati nella loro ricerca. Noi abbiamo avuto le risposte senza farci le domande, loro hanno domande e non trovano riposte.

La grande U. Se vogliamo analizzare i dati più in dettaglio, troviamo che dai 15 ai 17 anni i giovani hanno una domanda di Dio che si attesta sul 76%, è la prima gamba della U; a 30-34 anni la domanda di Dio e l’esigenza di spiritualità ritorna pressoché agli stessi livelli, al 72%, la seconda gamba della U; il periodo più difficile, più frastornato, più problematico è dai 18 anni ai 20, periodo in cui la domanda religiosa, l’esigenza di spiritualità, il riconoscersi in un cammino di ricerca della fede è ai livelli del 61%, è il punto più basso della U. Con la differenza che, mentre nell’adolescenza sembra che la Chiesa possa ancora rispondere alle loro domande, al loro ritorno a esigenze di spiritualità la Chiesa non riesce più a interpretare questo loro bisogno di Dio, che si esprime con la caratteristica della precarietà e della estrema personalizzazione dei modi di affrontarlo.

La domanda immediata che ci facciamo è: come segue la comunità cristiana questa evoluzione del mondo giovanile? Le nostre parrocchie, i nostri movimenti, i nostri gruppi perché non riescono a intercettare questo bisogno di Dio se non in minima parte? Abbiamo la sensazione di essere su due piani che non si incontrano mai, quasi che i giovani abbiano domande e desideri che per natura loro sono assolutamente diversi da quelli della Chiesa; hanno le stesse domande, ma non si incrociano, sono su due piani diversi, si vedono avvicinare, senza possibilità di contatto.

Un altro dato che vale la pena di mettere in evidenza è il calo di partecipazione dei giovani all’associazionismo in genere e a quello cattolico pure. Sono i giovani che vogliono ridurre le loro relazioni a un virtuale scambio di sms, chat ed e-mail, che si aggregano volentieri solo al pub o nei centri commerciali, oppure offriamo loro aggregazioni incapaci di interpretarli e aiutarli a dare uno sbocco alle loro attese?

Ritorna sempre attuale ciò che diceva Vittorino Andreoli (psichiatra - n.d.r.): i giovani sono in crisi di astinenza da fede, occorre che torniamo a spacciare la fede. Lo spaccio non lo si fa nei luoghi istituzionali. Se i giovani possono incontrare la fede solo nelle chiese, perché sono l’unica offerta che li può raggiungere e non nei loro percorsi quotidiani, non confessionali, non strutturati rischiano di non trovare mai le risposte.

Diceva molto bene un documento dei vescovi italiani di qualche anno fa: I giovani chiedono di superare i confini abituali dell’azione pastorale, per esplorare i luoghi, anche i più impensati, dove i giovani vivono, si ritrovano, danno espressione alla propria originalità, dicono le loro attese e formulano i loro sogni.

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