Oltre le gambe c'è di più

Publié le 01-03-2013

de Mauro Tabasso

di Mauro Tabasso - Look o passione ?  (NP Febbraio 2006)

Il mio amico Paolo è quel che si dice "un bell'articolo".  Persona molto colta e distinta dal fare anglosassone, musicista eccelso, è la "spalla" dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (con il termine gergale "spalla" si indica colui che, di fatto, è un po' il "vice direttore" dell'orchestra, responsabile dell'assieme degli  "archi" della stessa).
Poco prima di Natale si parlava dell'imminente "ritorno a casa" della Sinfonica, che ha da pochissimo lasciato l'Arsenale della Pace (sua dimora per otto anni) per riprendere possesso (dopo i restauri e mesi di trattative politiche, sindacali ed aziendali) dello storico Auditorium torinese di Via Rossini.  Il 27 gennaio, tra l'altro, ha riaperto (anche qui, dopo i restauri) un altro salone storico per Torino, quello del Conservatorio di Piazza Bodoni.
Ma tornando a Paolo, tra una chiacchiera e l'altra, facevamo commenti sul fatto che queste sale (circa un migliaio di posti l'una, la metà l'altra) e le rispettive stagioni che esse ospitano stanno da tempo subendo un progressivo processo di desertificazione. Gli abbonamenti sono calati, la gente non va più ai concerti. "Io una soluzione ce l'avrei, e sono sicuro che la sala si riempirebbe", fa Paolo con la sua flemma tutta british; Sarah Chang"Basterebbe accorciare un pochino le gonne delle orchestrali…". A parte la risata che mi sono fatto, dovuta più al modo in cui l'ha detto, questa è certamente la lezione che la stampa, internet e, su tutti, la televisione impartiscono.
Fate caso a quegli eventi in cui compare un'orchestra su un canale qualunque (un esempio a caso: l'imminente Sanremo di Panariello…). Noterete che le musiciste vengono scelte in base a criteri che non possono essere solamente artistici… Perfino le arcate (i movimenti che compiono gli archetti dei violini, viole, violoncelli e contrabbassi) che nella prassi esecutiva hanno un preciso significato espressivo, vengono "riscritte" e modificate per rispondere a esigenze (o presunte tali) puramente sceniche.
Ora, non so se la lunghezza della gonna o del decolleté siano una soluzione, ma certo il problema esiste.
Nicola Campogrande, critico musicale, Direttore responsabile della testata "Sistema musica" (organo ufficiale dell'Unione Musicale, il più importante ente torinese per quanto riguarda l'organizzazione di concerti ed eventi, la diffusione e la divulgazione della musica classica), nell'editoriale del mese scorso, cita un'indagine di mercato molto dettagliata, dalla quale risulta che il pubblico della classica ha un'età, un livello di cultura ed un tenore di vita mediamente elevati.
Traduzione: i giovani se ne strafregano della classica
. Why (Pecché, dico io) ?
Forse che i concerti costano troppo ? No; analoghe manifestazioni pop o rock non costano meno, anzi… Io credo che svariati siano i motivi, ma vorrei soffermarmi solo su alcuni. Innanzitutto spesso la musica classica richiede (un po' come il jazz) una certa capacità di ascolto, e quindi una certa educazione a questa pratica, a differenza dei due generi sopra citati che beneficiano sicuramente di una più facile presa.
Culla di questa educazione non può che essere la casa, ma soprattutto la scuola, anche perché gli studenti di oggi saranno i padri e le madri di domani. E da questo punto di vista i programmi (e i metodi!) di studio certo non aiutano. La materia e l'insegnamento della stessa sono spesso lasciati ora al caso, ora alla buona volontà e all'iniziativa personale di qualche (raro) coscienzioso docente, ma nulla più. Fuori dalla scuola dell'obbligo, i giovani o non manifestano più alcun interesse verso la musica così detta "colta", o quel poco che ancora nutrono viene soffocato (e questo a mio avviso è il motivo più serio di tutti) dalla totale mancanza di passione che si respira nei templi della musica "seria", cosa che (piaccia o no) non si può dire per gli altri generi sopra menzionati. Le grandi stagioni, le performances dei grandi concertisti, sempre più spesso (per non dire sempre, e basta) rappresentano dei grandi eventi mondani prima ancora che culturali. Eventi cui si assiste solo per leggere la critica sul giornale il giorno dopo oppure per presenzialismo o per "obbligo" (come si dice "noblesse obblige"). Per qualsiasi motivo tranne che per piacere, per divertimento.
Come se non bastasse il grande direttore o il grande solista di turno (il cui reddito annuo basterebbe a volte a risanare il bilancio di un piccolissimo stato del quarto mondo) fanno il loro lavoro prendendosi sul serio, ma così maledettamente sul serio che nemmeno loro si divertono più, e il risultato è che oltre le loro indubbie professionalità e preparazione non "passa" più nulla di nulla. Direttore
Si ha la sensazione di assistere a una "marchetta", di altissimo livello, se volete, ma sempre una marchetta. Qualche eccezione è ovviamente d'obbligo, ma in generale è un ambiente che fa di tutto per far disinnamorare non solo i giovani ma tutti coloro che vi si avvicinano con sincera curiosità.
Triste aneddoto, ad esempio, la recensione di uno tra i più famosi musicologi e critici italiani, autore di una "Storia della Musica" che è ancora un punto di riferimento. Anni fa costui recensì su un quotidiano di primaria importanza un concerto che fu annullato (quindi mai eseguito) per un improvvisa indisposizione del musicista; ma lui non ci era andato, perciò non poteva saperlo, e evidentemente nessuno in redazione lo informò… Fortuna (per lui e per il giornale) che non esisteva ancora il Gabibbo, altrimenti un servizio su Striscia era assicurato.
La passione, è questo che più manca all'ambiente. Vedere e ascoltare delle persone che amano, gioiscono, soffrono, si mettono in gioco, anche sbagliando, ma con coraggio, con credibilità, con dolore e con umanità. Queste cose mancano da troppo, troppo tempo non solo dall'Auditorium o dal Salone del Conservatorio, ma da moltissimi e blasonati teatri, enti e via dicendo.
Il problema (o la soluzione del) non sono le gonne o le scollature, ma le viscere, lo stomaco, il cuore di chi fa la musica e di chi la ascolta

 

 
DIAPASON – Rubrica di Nuovo Progetto

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