Barba e ca-pil

Publié le 14-09-2020

de Mauro Tabasso

Eccoci qui, pronti (o no) a ripartire, dal momento che il nostro Pil nel frattempo è rovinosamente crollato. E anch’io (come forse voi) ho perso un sacco di Pil, di ca-Pil, in particolare, anche se grazie Dio non si nota perché il cielo mi ha dotato della capigliatura di Napo Orso Capo, quello col gilet, il foularino anni ‘70 e la caverna con tutti i comfort nascosti. Ora che stiamo annusando la ripresa (anche se fiutare attraverso la mascherina è un po’ dura), non faccio altro che udire intorno a me persone che si lamentano, e molte ne hanno ben diritto, per carità.

L’atteggiamento generale va dal pessimismo al complottismo, passando spesso attraverso il vittimismo. Non ho ancora sentito una persona, una sola, ringraziare perché è ancora viva.

Piuttosto c’è chi dice che tanto valeva ammalarsi e al diavolo tutto quanto, ché vivere così non ne vale la pena. Io comprendo le ragioni di chi si duole, e anche chi si lamenta perché gli sembra l’unica cosa da fare, ma in tutta sincerità penso che questo sia in assoluto l’atteggiamento peggiore per uscirne fuori, e ravvivare (insieme al resto) il nostro capello interno lordo. Non sarà la nostra amarezza a farlo ricrescere. Questa crisi sanitaria che è diventata socio-economica ed esistenziale si è trasformata in una prima volta, anzi in una serie di prime volte per molti di noi. La prima volta che ci siamo trovati limitati nella nostra libertà, la prima volta che abbiamo avuto paura sul serio, la prima volta che siamo rimasti chiusi in casa, la prima volta che siamo andati “in rosso” in banca, e così via.

Tutti abbiamo avuto la nostra prima volta in qualche cosa. Per molti, immagino (anzi spero) sia stata la prima volta in cui hanno toccato veramente con mano che la vita, la salute e gli affetti sono molto, ma molto più importanti di tante altre cose, e lo stare bene in famiglia (o con noi stessi) è uno dei successi più grandi che si possano conseguire. Nelle relazioni è fondamentale riuscire a creare il Piling giusto (il Pil c’entra sempre). Ma è anche questione di quante energie decidiamo di investirci. Su queste cose dovremmo riflettere molto seriamente. Io non mi sono ancora ammalato, grazie a Dio, ma ho perso degli amici, e ho rischiato di perderne altri. Potevo esserci io al posto loro. E da questo vorrei ripartire.

Dalla gratitudine per essere ancora qui a scrivere e a tavanare liberamente nella speranza (o illusione) che qualcuno legga (tavanare significa… Ehm, boh… Vaneggiare?). Mi permetto però (seriamente) anche di dire che nella mia famiglia (che me ne è testimone) io cerco sempre di essere il primo a dare buon esempio, non aspetto che siano gli altri a darlo a me. E la stessa cosa ora mi attendo (senza lamentarmi e senza polemiche) dalle persone che governano il mio Paese, quelli che in questo momento più che mai devono essere non solo esempio, ma ispirazione. Mentre scrivo (lo sto vedendo in diretta sul telefono), stanno posando l’ultima campata del nuovo ponte di Genova (l’ex ponte Morandi) e questo fatto, oggi, acquista un grandissimo valore simbolico.

Gettare ponti significa dialogare, uscire da noi stessi per andare verso gli altri, rinascere, sforzarci di diventare uomini e donne migliori, genitori o single migliori, professionisti migliori, musicisti migliori (per questo basta davvero poco…). Credo dovremmo ripartire da qui. Solo così vedremo ricrescere tutti i nostri bei Pil. E se non ricresceranno pazienza, andremo in giro col cappello, ma a testa alta, con dignità. La natura, la Terra, l’evoluzione, il virus, chi volete voi o tutti quanti insieme, ci hanno appena cambiato il contratto d’affitto.

Dobbiamo trovare insieme un modo diverso di occupare lo spazio che abbiamo in locazione. Ed è compito di tutti, non solo dei politici ma anche (e molto) degli artisti come me, della gente comune, perfino dei parrucchieri. Altrimenti, al prossimo rinnovo, la vita, con un bello strattone, ci farà sul serio barba e ca-Pil.

 

Mauro Tabasso
NP Giugno/Luglio 2020

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