PADRE NOSTRO/2: Preghiera: respiro dell'anima
Publié le 25-01-2021
Pregare in un clima di familiarità con Dio ci innamora della sua presenza e della sua grandezza. Una presenza che ci accompagna come un respiro costante nelle nostre giornate, nella nostra vita e ci fa dire : “Signore, desidero fare la tua volontà, perché so che tu mi vuoi bene e vuoi il mio bene. Fammi lavorare per Te, Padre”.
Continuiamo la riflessione sulla preghiera che Gesù ci ha insegnata, il “Padre nostro”. La volta scorsa si è detto quanto Gesù abbia trasformato il rapporto tra l’uomo e Dio: lo ha fatto diventare una totale familiarità, ha voluto creare tra noi e il Padre l’atmosfera di casa. Ci sono vari tipi di familiarità, e alla domanda su come siamo familiari di Dio, ecco la risposta di Paolo: voi avete in voi lo Spirito che rende figli, e per mezzo di lui gridiamo “abbà”. Niente di meno ci è stato dato! “Abbà” non era certamente il termine con cui i pii ebrei si rivolgevano a Dio, era il termine con cui i piccoli si rivolgevano al “babbo”. Noi ci rivolgiamo nello spirito di Gesù al Padre, e possiamo dirgli abbà con tenerezza, perché siamo i suoi piccoli figli. Il Padre non ci considera adulti eccezionali che sanno fare tutto da sé, ma piccole creature su cui china la sua tenerezza infinita. Fa riscontro a questa verità ciò che Gesù ha detto: “Se non sarete come piccoli, non capirete il Regno di Dio”. |
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Questo sentirsi così vicini a Dio provoca alcuni semplici ma importanti atteggiamenti di preghiera. È importante trovare nella propria giornata dei momenti per mettersi in condizione che Dio ci faccia fare queste semplici e normali esperienze di familiarità. È una familiarità che durante il giorno ci aiuta molto, perché essendo Dio molto libero non ha bisogno di altro per manifestarsi e può farlo dovunque noi siamo. Noi dobbiamo però cercare il tempo adatto, perché altrimenti siamo troppo distratti, e lui arriva nel momento in cui meno te lo aspetti. Quando vede che ne hai bisogno ti tocca il cuore. I tocchi di Dio, rapidissimi, istantanei e misteriosi, sono una delle esperienze più adatte alla nostra esperienza che è tutta fatta di attimi. Dio non si lascia battere dai nostri attimi, il suo tocco supera tutto e ci tiene in piedi. È una mistica che si adatta alle situazioni e ci tiene in lui. Innanzi tutto faccio esperienza di Dio, poi noto degli aspetti. La casa di Dio è bella. Pensiamo alle prime frasi del “Padre Nostro”: diciamo “Padre”, poi “sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Queste tre espressioni sono sempre da intendere come unite, “come in cielo” si riferisce a tutte e tre: il nome, il regno, la volontà. “Come in cielo” cosa vuol dire? Se tu guardi Dio vedi come è la casa di Dio, vedi e impari tutto, è come se la casa di Dio fosse piena di opere d’arte, tu giri e vedi questi capolavori e ti riempi del senso della bellezza e della verità. Quando vedi Gesù nella sua grandezza rimani affascinato e convinto del disegno di Dio per il quale vale la pena impegnarsi; invece pezzetti di cristianesimo applicati saltuariamente non producono questo effetto globalizzante, sicché noi siamo sempre in contrasto tra un po’ di cristianesimo e un po’ di vita. Ci manca, in una parola, lo sguardo contemplativo. La preghiera, quando siamo in Dio e guardiamo un po’ attorno, ci fa cogliere l’insieme incantevole dell’opera di Dio. Cercate di cogliere, senza fretta, la bellezza del messaggio della Parola. Dovete riuscire a dire da voi “Signore, se le cose sono così, sono splendide”. Finché il credente non approva Dio, significa che non ne ha ancora colto nello Spirito Santo la bellezza. Siamo capaci di ammirazione per un’opera d’arte umana, per una qualsiasi cosa bella, tanto più dobbiamo esserlo per Dio. C’è da notare però che l’ammirazione è piuttosto rara quando ci riferiamo al disegno di Dio. Gesù è un capolavoro, ma bisogna che il cristiano riesca ad ammirarlo, e per ammirarlo è necessario guardarlo nella preghiera. Immediatamente la preghiera, prima di essere formula e parola, è già uno sguardo che contempla. |
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Una buona preghiera non solo ci fa ammirare Gesù, ma ci rende anche capaci di dire grazie perché Dio si è chinato su di noi e noi siamo il regno. Non vi pare che questo meriti gratitudine? Qui è la nostra vita eterna, e già ora mi sento pienamente coinvolto e la volontà di Dio diventa la mia volontà: che cosa devo fare, Padre, perché tu sia contento? Ecco il sentimento fondamentale del Figlio Gesù, che adesso è diventato anche il mio. Ho ancora i miei progetti e la mia vita da vivere, c’è ancora il pane quotidiano da procurarsi, il mio destino terreno da compiere, però prima di tutto ho un desiderio che trabocca: voglio fare anch’io, come Gesù, la tua volontà, perché ho capito quanto è buona, giusta, unica. “Una sola volontà voglio, la tua, ma voglio metterci le mani anch’io, fammi lavorare, Padre”. |
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Non è eccezionale imparare la presenza di Dio: Signore io ti sento, taccio, ti sento così grande e ti gusto. E poi mi guardo attorno e vedo le tue bellezze: la Parola me le dice, me le svela, le contemplo, ne sono contento, le ammiro, ci voglio entrare anch’io e non voglio stare fuori da questi magnifici disegni. E divento un protagonista, ho finalmente scoperta la sintesi della verità. Dopo di che ne parlerò a chiunque con entusiasmo, perché dentro di me c’è qualcosa di diverso. E diventerò attraverso la preghiera colui che Gesù desiderava: il testimone. “Splenda la vostra luce, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli”. È di un’insistenza meravigliosa Gesù, torna sempre all’essere testimoni: lui visse tutto nel nome del Padre, dal principio alla fine della sua vita. E noi anche siamo chiamati a farlo. mons. Giuseppe Pollano
deregistrazione non rivista dall’autore PADRE NOSTRO/1: Perché ''Padre''? PADRE NOSTRO/3: Dacci oggi il nostro pane quotidiano PADRE NOSTRO/4: Somiglianza e dissomiglianza con Dio |