In dieci Parole

Publié le 30-01-2013

de Flaminia Morandi

di Flaminia Morandi - Invece di sprecare parole, meglio tacere e diventare esempi incarnati di Dieci Parole.

Graffito su un divieto d'accessoOra ti spiego, si sente dire oggi da molti genitori affetti da psicoanalismo. Per dire di non essere gelosi delle proprie cose, di non rubarle agli altri, di non picchiare nessuno, si sperticano in lunghe spiegazioni morali che i bambini non possono capire e li irritano ancora di più.
Agli adolescenti invece è bene spiegare il perché delle regole, altrimenti è un Sessantotto: quando dopo secoli di leggi proclamate in nome dei diritti dell’uomo, della giustizia sociale e della morale, le regole erano diventate solo la tirannia di un autoritarismo basato sul timore, staccato dalla sua origine vitale, perciò odioso, da abbattere.
Ma anche per gli adolescenti alla spiegazione dovrebbe seguire l’abitudine alla pratica. Il mistico ebraico algerino André Chouraqui racconta di non ricordare un momento in cui le Dieci Parole rivelate a Mosè sul Sinai non siano state presenti nella sua vita. La Torah era dappertutto in casa sua, dalla cucina al membro circonciso: Dio prendeva possesso dei nostri spiriti partendo da ciò che era più intimo nei nostri corpi, dice. Anche per i cristiani dovrebbe essere così: invece di sprecare parole, meglio tacere e diventare esempi incarnati di Dieci Parole.

“Io sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù”. Io stesso YHWH, il tuo ‘Elohim, dice l’ebraico. YHWH è Unico, ‘Elohim è plurale: l’Unità dell’Essere non è uniformità, ma una diversità universale e vivente, la diversità di noi tutti così come siamo. Ma ‘Elohim è mio nella misura in cui riesco ad essere liberato dalla mia schiavitù personale, perché senza libertà nessuno può essere simile a Lui.
“Non ti farai né idolo né immagine alcuna… non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai”. Jean Honoré Fragonard, Geroboamo sacrifica al vitello d'oroUn mondo senza immagini, oggi non immaginabile, rende possibile contemplare l’uomo nella sua essenza originale, senza le maschere che si indossano per ingannare, senza le illusioni che confondono. Il culto cristiano delle immagini sembra un tradimento, ma è radicato nel mistero dell’Incarnazione: purché le icone siano venerate ma non adorate.

“Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio”. L’umorismo ebraico commenta: questo comandamento salverà gli atei che non parlano mai di Dio e sarà un rischio serio per i religiosi che parlano di Dio a proposito e a sproposito anche nei modi di dire (se Dio vuole…).
Anche “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo” è un comandamento poco osservato, invece il riposo settimanale è stata una delle più grandi rivoluzioni dell’umanità. Per la prima volta lo schiavo, la bestia da soma, e tutti senza distinzione hanno dovuto riposarsi nello stesso giorno in cui YHWH si è riposato. È la festa del mondo finito, cioè unito e in pace, un giorno talmente divino che lo Shabbath è escluso dal computo dei giorni profani.
Con la rigorosa logica dei comandamenti, il riposo introduce in famiglia e in uno dei suoi problemi fondamentali, il rapporto tra le generazioni, “Onora tuo padre e tua madre”. Ma kabed in ebraico significa dai peso, riconosci nei genitori il Creatore a cui ogni figlio deve la vita: senza la memoria delle generazioni, anche la memoria dell’uomo è cancellata. Il peso dato alle generazioni che invecchiano assicura l’equilibrio della società, minacciata quando si allarga la distanza tra padri e figli.

La logica mistica delle Dieci Parole torna nell’architettura del loro elenco: la corrispondenza dei primi cinque comandamenti con gli ultimi cinque è la chiave della loro spiegazione. Si uccide se non si riconosce Dio come Signore, perché uccidere è attentare a Colui che ha creato la vittima. Commettere adulterio è come avere altri dei, un adulterio nei confronti di YHWH.
Rubare è come prosternarsi davanti agli idoli, che l’uomo si fabbrica rubando a YHWH fuoco e culto. Violare il sabato, giorno di verità in cui ogni uomo è nudo davanti al suo Creatore, equivale ad essere testimone di menzogna. Non tenere conto della propria famiglia, ultimo anello della catena di una storia, è come desiderare casa, donna e beni del prossimo, è come esporre la famiglia alla rovina. Solo la lotta contro ogni desiderio assicura la difesa della prima cellula sociale.
L’unica parola assente in queste Dieci Parole lapidarie e laceranti è l’amore. L’amore non si ordina: nasce dalla giustizia e dalla pace che con esse si possono costruire, nella speranza che un uomo nuovo possa viverle senza tradirle. Per noi, quest’Uomo è già venuto. È l’Amore incarnato, Colui che ha pronunciato le Dieci Parole di vita, unica immagine da adorare nella speranza che ci renda simili a Lui.



MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

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