L’attimo presente

Publié le 11-03-2018

de Cesare Falletti

Cesare Falleti - CUORE PUROdi Cesare Falletti - “Il sentimento di avere fretta è morboso. Occorre semplicemente voler agire con energia, e agire presto è porre gesti netti e precisi. Non è il lavoro che stanca, ma il modo di farlo” (Roger Vittoz, psichiatra ginevrino, inventore del metodo Vittoz).
Da giovane praticavo molto il metodo Vittoz, poco conosciuto, ma utile nei momenti stressanti. Il fatto che siamo sempre così affrettati e presi alla gola dal troppo da fare è definita una malattia, un morbo che infuria nel nostro tempo. Si pone una distinzione fra “fretta” e “presto”; distinzione che si trova perfino nella Regola dei monaci, quando san Benedetto parla del recarsi dei monaci alla liturgia comune. Presto significa una volontà positiva di compiere un’opera, di raggiungere un obbiettivo; fretta è una tensione verso qualcosa che sfugge e a cui ci si applica per forza, volendosene sbarazzare a basso prezzo o avendo tardato a mettere le mani in pasta.

La soluzione e la guarigione dal morbo dello stress e della fretta non dipendono dalla pigrizia o dal dolce far niente, che segretamente mette più ansia di tanto lavoro, a meno che sia di una durata decisa in precedenza e ben limitata con la giusta causa del bisogno di distendersi e di riposarsi. Esse vengono dal fatto che quello che facciamo lo facciamo con energia, con quelle forze vitali che ci permettono di realizzare la nostra vita e i nostri progetti, non presi dal panico, ma secondo un progetto a cui si riflette e che si tramuta in gesti netti e precisi. Quando non si ha chiaro cosa si vuole si perde tempo e poi lo si rincorre affannosamente. Quando si ha la forza di fermarsi a riflettere sulla meta da raggiungere e a decidere i gesti da porre, ogni secondo ci porta avanti e non dobbiamo correre dietro alle cose o rincorrere il tempo.

Monaci in un monastero di campagnaLa frase di Vittoz – non è il lavoro che stanca, ma il modo di farlo – si applica a tutto il nostro fare, dal leggere allo zappare, dal cucinare all’insegnare, dal lavoro artistico a quello quotidianamente casalingo. Non tutto, è vero, dipende da noi: l’impatto con gli altri, con quanti ci circondano o collaborano, con coloro che serviamo in qualche modo, provoca spesso fatica. Ma anche in questo caso il fatto di porre gesti, di dire parole, di compiere percorsi netti e precisi, nell’attenzione a chi ci sta davanti, aiuta a non lasciarsi sopraffare dalla fatica, dal nervoso, dallo scoraggiamento, dal rifiuto. In una parola dallo stress. Un gesto è netto e preciso quando è posto in un clima di coscienza della realtà.
Santa Teresa d’Avila, la grande mistica, pare dicesse che se una monaca lasciava bruciare una frittata, perché stava pregando, in verità non pregava. Il miglior luogo per la preghiera e per ogni cosa della vita, compreso il gioco, è il presente e l’immersione nel presente.

Dio per salvarci si è immerso nel nostro presente e noi per stare con lui dobbiamo essere presenti a noi stessi e crederlo presente. Così è per tutte le nostre attività. È più stancante fare un lavoro di malavoglia, aspettando solamente che il tempo passi e proiettati in un dopo che non possediamo ancora e che forse è solo un sogno, che farlo interessandosi e cercando di farlo riuscire bene, anche se è un lavoro banalissimo, noioso o che sembra non finire mai. Naturalmente questo non può essere un ragionamento assoluto; la fatica, la noia, la lentezza e la riuscita di un lavoro dipendono anche da altri fattori, che non sono causati da noi, ma l’attenzione al concreto, il sapersi muovere con i cinque sensi, l’esercitarsi alla padronanza di sé e di quanto ci circonda o ci succede, fanno sì che la vita non ci sorprenda come un nemico, ma ci porti l’energia necessaria per realizzare ciò che siamo chiamati a realizzare.

Cesare Falletti
CUORE PURO
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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