Parlare con il legno

Publié le 31-08-2009

de Mauro Tabasso


Intervista ad Adriano Cacciotto, liutaio


“Una mano lava l’altra” dice Adriano alludendo alla sua amicizia ormai pluriennale con il Sermig. Ed è proprio così: le nostre chitarre, e tanti altri strumenti, nelle sue mani sono al sicuro!

di Mauro Tabasso

Quale è il percorso che ti ha fatto giungere al mestiere di liutaio?
Vi sono arrivato per gradi, però avevo dentro di me la sensazione innata che avrei vissuto a contatto con la musica. Ho cominciato a lavorare all’età di 16 anni - dopo le scuole professionali - e ho fatto l’operaio per 15 anni. Il mio hobby era suonare: ho suonato con diversi gruppi, avevo anche la necessità di aggiustare le mie chitarre perché all’inizio ne ho sfasciate parecchie. Credo che mia mamma mi abbia trasmesso i geni della manualità da parte di mio nonno, l’unico musicista e lavoratore del legno della famiglia. Io ho preso un po’ da lui, anche se non l’ho conosciuto sotto questo aspetto perché ero piccolo, però vedevo cosa faceva. Grazie, poi, agli studi di trigonometria e geometria della scuola professionale, mi sono trovato una preparazione utile per la mia attività.

Cosa pensi quando costruisci una chitarra?
Costruire una chitarra vuol dire parlare con il legno, capire come seguirne la vena, perché è quella che ti indica la strada, come la devi lavorare, tagliare, gestire. Io quando scelgo il legno, già immagino una elaborazione di quel legno in chitarra. Vedo già dei segnali. È come imparare a leggere e a scrivere, bisogna imparare a capire il linguaggio del legno.
Quando faccio una chitarra penso tante cose, mi capita di pregare, di mangiare, di ascoltare tanta musica, di analizzare cose successe nella giornata, le problematiche della vita, però con l’attenzione dovuta alla costruzione. Vivo una sorta di estasi nel lavoro. Nella costruzione vera e propria della strumento non voglio essere disturbato. Poi in altri momenti posso lavorare anche con la presenza di altre persone.
L’umore che ho conta nel lavoro che faccio, tanto che ho imparato a non lavorare quando sono in una situazione di agitazione. La dissipazione di energia che ho nella costruzione di uno strumento è altissima, quindi ho bisogno di avere la massima concentrazione sempre, non posso sbagliare perché il legno costa e non voglio sprecarlo.

Qual è la filosofia che sta dietro il tuo lavoro?
Da quando ho incominciato a fare il liutaio a tempo pieno, più di dieci anni fa, mentre apprendevo la costruzione delle chitarre, nessuno mi ha insegnato nulla. Ho ricevuto però dei consigli da tante persone, qualche aiuto… Ringrazio davvero Dio quando finisco una chitarra, la offro al cielo e non mi sembra di averla costruita io. Rimango sempre meravigliato, la vedo come una cosa sempre migliorabile ma non con la frenesia del mondo di oggi. È un migliorarsi per dare armonia alle cose e per poter aiutare anche gli altri. Io cerco, anche come filosofia di costruzione, di usare solo cose naturali. Potrei usare macchinari, ma ne faccio solo il minimo uso indispensabile. Il mio è proprio un approccio manuale, anche nel costruire gli attrezzi che mi servono per fare la chitarra. Costruisco tutto da me, mi preparo anche le vernici in modo naturale. Potrei facilitarmi il compito, ma preferisco così. In questo modo trasmetti delle energie alla chitarra, fai parlare quello che tu fai. Io credo molto in queste energie che si trasmettono, se dai energie positive, anche chi userà poi la chitarra riceverà queste energie positive. Da dove arrivano queste energie… è un mistero di fede, per chi ci crede arrivano da Dio.

C’è qualche episodio interessante che vorresti raccontarci?
Si creano delle amicizie di fondo con chi mi commissiona lo strumento. Il rapporto umano è essenziale nel dover costruire una chitarra a chi me la commissiona. Il mero contatto via internet a me non basta. Ho il sito internet ma voglio avere davanti la persona perché mi dia energie. Se mi dice “Voglio una chitarra, quanto costa?”, con me ha già sbagliato strada. Devo percepire delle vibrazioni da parte di chi me la commissiona, che poi io elaboro e maturo nella costruzione, nella quale do spazio anche alle idee di chi me la richiede.

Cosa consigli ad un giovane che vorrebbe diventare liutaio?
In questo mestiere non c’è un punto d’arrivo. C’è un continuo migliorarsi, apprendere, più vado avanti più mi accorgo che si possono imparare modi di fare le lavorazioni diversi, si possono dare delle sfumature dovute anche alla tua maturazione. Il mestiere di liutaio abbraccia molteplici aspetti, soprattutto per me che l’ho imparato da solo: dalla botanica, alla chimica, alla meteorologia, alla fisica, alla matematica, alla geometria, all’ebanisteria…. È talmente variegato che se mi soffermo e guardo quello che ho fatto mi viene da dire “Che roba!”. Sono contento di aver avuto questo dono e spero di riuscire a sfruttarlo al meglio. Non, però, in modo egoistico.

Adriano Cacciotto
da Nuovo Progetto aprile 2006

Info: www.cacciottoadriano.it

 

 

 

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