Gigi De Palo e Anna Chiara Gambini all'Università del Dialogo

Publié le 04-02-2019

de Valentina Turinetto

L’ex assessore alla famiglia di Roma, ora presidente nazionale del Forum delle Associazioni Famigliari, assieme alla moglie Anna Chiara Gambini hanno dialogato con i giovani ed altre coppie del Sermig nell’ambito del nuovo incontro dell’Università del Dialogo, che quest’anno ha come tema conduttore “Facciamo pace”. Marito e moglie hanno portato la loro esperienza di famiglia numerosa, con cinque figli, sul tema “Fare famiglia”, il fil rouge anche del loro ultimo libro, “Ci vediamo a casa”.

Ecco alcuni spunti:

Come coppia di fidanzati, abbiamo visto la bellezza del matrimonio in altre famiglie, in un periodo in cui eravamo ancora affaticati in un discernimento spirituale. In un momento in cui non si poteva dare spazio all’illusione di un matrimonio perfetto, abbiamo capito che per noi non ci sarebbe stato nulla di meglio che sposarci. Solo molto tempo dopo abbiamo compreso che in quel momento c’è stata una grande grazia.

La bellezza del matrimonio è che ogni giorno si sperimenta un nuovo inizio, ogni mattina possiamo sperimentare la resurrezione. Anche se il giorno prima ci sono state delle situazioni difficili, si ricomincia; è possibile! Non dobbiamo scandalizzarci di noi stessi e delle nostre fatiche, ma sentiamoci chiamati a vivere la misericordia incarnata nella famiglia, ogni giorno.

Abbiamo scelto di non programmare l’arrivo dei figli, di essere aperti alla vita e di accogliere ogni nuova vita come una grazia, vivendo con stupore il dono di ciascun figlio. I momenti in cui ci sfiora il pensiero di come sarebbe la nostra vita con un figlio solo, o con meno figli, sono momenti di tentazione, che scacciamo pensando a quanta gioia ci mancherebbe…

La mentalità comune nel nostro Paese, che trapela dai commenti quotidiani di chi ci incontra, non è accogliente verso la famiglia, pensiamo che nasconda anche una grande invidia di fondo.

Come adulti ci sentiamo chiamati a fare un esame di coscienza sul timore dei giovani di impegnarsi in un cammino che dura tutta la vita: a molti giovani non abbiamo dato l’occasione di avere una prospettiva sul proprio futuro, non abbiamo dato strumenti per poter “gettare il cuore oltre l’ostacolo”. Se non diamo l’esempio, non siamo poi legittimati a criticare i giovani di non aver avuto coraggio nell’affrontare il futuro.

È importante non dare per scontato il proprio sì. Anche se ci siamo promessi fedeltà e amore per tutta la vita, ogni giorno affidiamo il nostro “per sempre” a Dio e ogni giorno dobbiamo scegliere nuovamente il nostro sì. Oggi, come viviamo il consumismo materiale, siamo anche dominati dal consumismo delle relazioni. Questo consumismo mina la possibilità di credere nel “per sempre”. È molto difficile convincere a combattere un inquinamento affettivo, in modo disarmato, con strumenti convincenti. Serve più coraggio a stare insieme che a lasciarsi: la fuga è la strada più semplice; tornare indietro e voltarsi verso l’altro per rimettersi in gioco è la strada più faticosa.

Talvolta non siamo credibili nelle proposte che facciamo e passiamo un messaggio di mediocrità. Invece i fidanzati vogliono una proposta piena, un vino vero. Per molto tempo abbiamo provato a far sentire il profumo di qualcosa di bello, presentando soltanto gli ingredienti singoli; purtroppo molti corsi prematrimoniali sono diventati delle lezioni modulari su singoli argomenti tecnici. Ben diverso è se invece di presentare la farina, il lievito, il sale e l’acqua, si presenta un pane appena sfornato. Il suo profumo attira. Oggi dobbiamo far sentire il profumo della famiglia. Solo dopo si possono presentare i singoli ingredienti. 

Non crediamo di risolvere i nostri problemi di solitudine sposandoci, l’altro non è mai la soluzione dei miei problemi. Ti ritrovi a sperimentare la solitudine anche quando sei immerso a vivere in una famiglia numerosa. C’è una chiave per non scandalizzarsi di questa solitudine, ma viverla con un significato pieno: i momenti di solitudine sono l’occasione per alzare lo sguardo verso Dio, l’unico che può colmare il vuoto, ciò che ci manca.

Come coppia, abbiamo fatto anche l’esperienza di un figlio “speciale”: Giorgio Maria infatti è un bambino down. Al suo arrivo, abbiamo percepito in chi incontravamo paura e angoscia. Noi invece abbiamo fin da subito voluto evitare la commiserazione, sperando di essere guardati con gioia. In questo caso essere una famiglia numerosa è di grande aiuto, perché la paura ha meno forza. Ci siamo posti di fronte a lui, come di fronte agli altri, con gli occhi interrogativi di chi vuole scoprire il proprio figlio. Con il desiderio di amare Giorgio come un figlio e non come un malato.

Ogni vita porta regali immensi, anche quando da fuori vogliono farti credere che non sia così. Si dicono molte menzogne, travestite da purezza: la scelta di non far nascere un bambino malato per non farlo soffrire, per non avere un peso sulla società… Pretendiamo di voler controllare le situazioni per avere tutto perfetto, incontrando una grande delusione quando scopriamo che nessuno di noi è perfetto. Invece dovremmo desiderare di gioire delle nostre imperfezioni.

In Italia la famiglia è data per scontata. La politica non ha una visione su un periodo sufficientemente lungo per una realtà famigliare. Le azioni famigliari sono spesso fatte con la logica della propaganda e in questo senso hanno una durata molto breve.

A cura di Valentina Turinetto


Foto: R. Bussio 


Incontro completo

 

 

 

 

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