Avvento: significa ancora qualcosa? (2/2)

Publié le 21-12-2008

de Giuseppe Pollano

Siamo alla fine dell’avvento, però possiamo ancora ravvivare il cuore per vivere questi giorni dominati dal desiderio di Dio.

 

Soffermiamoci su alcuni atteggiamenti necessari per vivere l’avvento, cioè per far crescere sempre più in noi la voglia di far contento Dio.

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RECUPERARE LO STUPORE DAVANTI A DIO CHE VIENE

Giovanni Paolo II con l’enciclica sull’eucaristia desiderava ridestare nel popolo di Dio lo stupore eucaristico. Nella lettera pastorale sullo stesso tema, sottolineava di nuovo che è lo stupore eucaristico quello che continua a vivere in lui, quello che gli ha fatto scrivere l’enciclica. Il papa ci vedeva troppo apatici, tranquilli, assuefatti alle grandezze di Dio. L’apatia e l’assuefazione portano stanchezza e fuga. Il papa voleva risvegliare la Chiesa e farla restare stupita di nuovo dinanzi al mistero eucaristico.

La prima cosa per rispondere al desiderio di Dio è stupirsi di nuovo. Allora quando leggo “si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa” (Is 35,1ss), mi stupisce che Dio stia pensando di ridestarmi, che gli importi così tanto di me, che mi voglia tanto felice. Però mi stupirò nella misura in cui ci penso, perché per stupirsi bisogna avere il tempo di pensare, la fretta la superficialità la tensione non hanno tempo di stupirsi.
Prova quindi a recuperare un po’ di stupore dinanzi al bambino nella mangiatoia, dinanzi all’incarnazione, uscendo dall’abitudine, che può investire anche la liturgia, perché, se non sto attento, posso vivere la stessa celebrazione eucaristica come una routine. Impara di nuovo a guardare Dio, trova il tempo. Hai la Parola di Dio, è tutta una lettera di amore, prendila, lascia che la verità venga in te, fermenti la tua mente, ti consoli, ti apra il cuore. E allora contempla, stai un momento tranquillo davanti a Dio che ti guarda con amore, Dio merita il tuo sguardo di amore! Esci dall’abitudine a Dio, è lo stupore che alimenta il desiderio.

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ASCOLTARE LA COSCIENZA

Vuoi imparare a desiderare Dio con più vivezza? Ascolta nel profondo la tua coscienza, perché essa è testimone dei desideri di Dio per te. Tanti possono desiderare per noi delle cose, qualcuno può desiderare noi stessi, ma l’unico che desidera per noi tutto il nostro bene è Colui che ci ha creati e ci ha salvati. Dio non parla attraverso la pubblicità, parla dentro. La coscienza, come l’ha definita Giovanni Paolo II, è il testimone di Dio. Ma, poiché siamo tutti peccatori, potrebbe esserci in te una coscienza distratta: non è che il testimone non parli, ma se sei distratto diventa un mormorio tenue, tanto che non la percepisci più. O, peggio, una coscienza volutamente evasiva che gira attorno ai problemi: perché continui ad avere verso quella persona quel sentimento ferito, perché non riesci a guardarla negli occhi, perché non sai perdonare, perché ciò che ti inquieta cerchi di metterlo da parte? O, peggio ancora, una coscienza che resiste a Dio, che rattrista lo Spirito, come direbbe Paolo: il dire che non ce la fai proprio a riconciliarti con quella persona è una bugia, perché, parafrasando Giovanni nella sua prima lettera, fosse così il bugiardo sarebbe Dio, lui che ti dice di perdonare. È malafede, è resistere allo Spirito. Non farlo, perché non puoi desiderare Dio mentre resisti a Dio.

Lascia umilmente che la tua coscienza sia curata, accarezzata, toccata da Dio. Riascolta nel profondo la tua coscienza. Tutti possiamo, se siamo sinceri, rendere più fine il nostro cuore: sì, ti ascolterò meglio testimone di Dio che sei in me e mi comporterò di conseguenza. Ed allora l’amore di Gesù che viene per te, se hai il cuore puro – beati i puri di cuore perché vedranno Dio – ti stupirà di nuovo. Certo, chi non ha il cuore puro non può capire altro se non quello che percepisce o che tocca o che gode, è un mondo piccolissimo quello della sensazione! Ma se il tuo cuore si fa puro, sei di nuovo capace di stupirti, di commuoverti, di ravvivare il desiderio di fare lieto il Signore. Il Natale è un incontro di letizia.

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VEDERE ED ACCOGLIERE DIO NEI POVERI

Apri con un rinnovato slancio e più vita il tuo cuore ai “vuoti a perdere”, come sono stati definiti nel rapporto della Caritas 2004, che aveva come tema l’esclusione sociale e la cittadinanza incompiuta. Vuoti a perdere: i rottami, quelli usati e scartati, i contenitori che una volta erano pieni e che quindi avevano un valore riconosciuto. Il guaio è che non sono oggetti, ma sono persone, famiglie, gruppi sociali.
È chiaro che non possiamo desiderare Dio se poi non desideriamo Dio anche dove è, nei “vuoti a perdere”. Anche certi egoisti che hanno il cuore indurito, fanno fatica a non vedere Dio dove è, quindi accuratamente li evitano, tengono gli occhi ben chiusi. Tu no, non fare così: desidera Dio, ma anche quel Dio che precipita giù in quella mangiatoia e diventa inquilino di quella stalla che è la povera stalla di questo mondo.
Se fossimo capaci, come popolo di Dio, di vedere i poveri come vediamo gli oggetti nelle vetrine! Tu vai davanti ad una vetrina, ti stupisci di qualche cosa, la desideri, è ovvio. Vai a vedere Dio nei poveri, non aspettare che ti vengano addosso.

L’avvento diventa così il tempo per ravvivare il cuore. Se il desiderio di Dio di rendermi felice non mi stupisce, ho proprio il cuore da rifare. Se invece mi stupisce, non mi stancherò di guardare il Signore: la preghiera diventerà più profonda, avrò più voglia di lui anche se sono stanco inquieto affranto, col suo Spirito lo guarderò in modo che il mio cuore si dilati. Pregando posso trovare lo stupore del bambino dinanzi alla grandezza di Dio, e allora la vita cambia, il mondo non è più come prima e soprattutto vedo Dio, non è più nascosto. E desidero quel Dio che mi aspetta, proprio perché è lui che mi desidera per primo.

Se Dio fosse immobile, tranquillo e beato, curioso di vedere cosa fanno quelli che credono in lui, sarebbe un dio apatico. Ma invece Dio desidera che da zoppi saltiamo come cervi, che diventiamo tutti felici, perché è lui che lo ha deciso ed è lui che lo desidera. Allora da adesso a Natale il mio dialogo con Dio sarà più intenso, la volontà più pronta, il cuore più commosso, la purezza più vera, la carità più ampia.attesa.jpg

Abbiamo il modello in Maria. Questi giorni per lei certamente furono di attesa fortissima, di interiorità tutta consumata dalla presenza che portava in sé. Maria però non è soltanto un modello, ci comunica grazia. Dunque chiediamo gli occhi di Maria per vedere, il cuore di Maria per attendere, l’entusiasmo di Maria per abbracciare questo Dio che viene e sentire che è ancora Lui che ci abbraccia più forte di quello che noi abbracciamo Lui.

 
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore
 


Avvento: significa ancora qualcosa? (1/2)

Vedi il focus con le riflessioni inedite di mons. Pollano per la Fraternità del Sermig in Spiritualità

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