Famiglie all’Arsenale

Publié le 10-02-2010

de Redazione Sermig

I bambini protagonisti dell'incontro delle famiglie

Subito dopo ferragosto l’Arsenale della Pace di Torino si è aperto a famiglie giunte da tutta Italia che hanno trascorso insieme una settimana di servizio e riflessione, con attività per ogni fascia d’età. Una di loro poi ci ha scritto…

di Katia e Michele

 

Ciao,
siamo Katia e Michele di Morbegno
, una ridente località in provincia di Sondrio, e per la prima volta abbiamo varcato la soglia dell’Arsenale con i nostri tre figli Silvia, Simone e Lisa, con i nostri bagagli, la nostra storia e, grazie all’occasione di questo campo famiglie, con il desiderio di provare a fare un passo in più nella nostra vita di sposi e di genitori cristiani. Siamo partiti per il campo senza un’idea precisa né su cosa ci aspettava né sul luogo che ci avrebbe accolti; tutto era nuovo, tutto era da scoprire, tutto era da capire. A dire il vero Katia aveva partecipato ad un campo di Pasqua nel lontano 1987 quando, come capo scout, aveva vissuto qui il Triduo Pasquale pregando e pulendo le mattonelle che abbiamo ora ritrovato posate nel pavimento della Sala della Pace.

Uno dei tanti momenti d'incontroMa è un ricordo molto lontano… il Sermig in questi ultimi vent’anni è cambiato ed è cresciuto tanto. La prima immagine che ci è rimasta impressa da questo campo è il luogo stesso che ci ha accolti, l’ex Arsenale: la casa del Sermig è davvero qualcosa di sorprendente, di unico, un luogo pieno di significati, di storia, ma soprattutto “impregnato” dalla potente presenza della Provvidenza e di Dio. Di tutto questo non te ne rendi conto finché non lo vivi, finché non lo conosci e finché non inizi a restarne affascinato. Del Sermig ci sono rimasti “scolpiti” nel cuore in particolare la Cappella, con la presenza viva di Gesù nei tanti simboli che vi si trovano, dal crocifisso, all’altare, al tabernacolo; il dolce suono della cetra che ci ha aiutato ad entrare in contatto con Gesù nella recita delle lodi mattutine; i tanti volti degli amici della Fraternità con i quali abbiamo pregato e che, con la loro profonda serenità interiore, ci hanno guidato e accompagnato negli intensi momenti di incontro con Gesù.

Cos’altro abbiamo portato a casa da questa esperienza?
Beh, innanzitutto i tanti volti, le tante storie di vita e i tanti sorrisi pieni di significato delle persone incontrate che hanno accompagnato le nostre giornate rendendole davvero uniche e speciali. I momenti di condivisione con le altre coppie, sia durante le riflessioni sulla Regola, sia durante i pomeriggi di lavoro, che ci hanno fatto capire che davvero la bontà è contagiosa e che chiede di essere scelta come stile di vita quotidiana per poter diventare disarmante. Abbiamo letto sui volti e nei cuori delle persone incontrati la serenità e la generosità che viene da una vita costantemente guidata dal Vangelo.

Un Vangelo che davvero è buona novella
se ci convinciamo che Gesù ha pronunciato queste parole per donarle a ciascuno di noi affinché le potessimo vivere appieno. Nella nostra valigia abbiamo poi portato a casa tanta speranza che siamo chiamati a riversare su noi stessi (nell’enorme potenziale che abbiamo come cristiani), sui nostri figli che siamo chiamati ad aiutare a divenire “buoni cittadini e buoni cristiani” e sui giovani che ci chiedono di essere amati profondamente e di essere considerati non come un problema ma come un’immensa risorsa su cui scommettere.

Ernesto e Maria OliveroUn’altra immagine è quella di Ernesto e Maria (Olivero – n.d.r.) che, seduti fianco a fianco su due sedie al centro della sala, hanno risposto alle nostre domande con la loro testimonianza di sposi e di credenti. Abbiamo colto in Ernesto un’innata capacità di comprendere in profondità il senso di ogni questione, attraverso i suoi racconti, i suoi incontri, la sua vita vissuta, la sua storia. In Maria, così a disagio nel parlare di fronte a tanta gente, abbiamo intravisto una forza e una fede semplicemente uniche attraverso la sua straordinaria semplicità e la sua storia di donna, di mamma e di sposa.

E per finire “portiamo a casa” la parola che nei quattro giorni di campo forse più di altre è stata presentata, spiegata, approfondita, condivisa: restituzione.

Una parola che ci mette a nudo di fronte alle nostre responsabilità di uomini e di famiglie: restituire il nostro tempo, le nostre capacità, i nostri carismi, i nostri beni, alle tante persone che, senza alcuna ragione o spiegazione plausibile, si trovano in una delle tante situazioni di povertà del mondo. Il Sermig ci ha dimostrato che spesso i poveri li abbiamo semplicemente fuori dalla porta di casa e che, se lo vogliamo, la restituzione può partire da loro. Un insegnamento che non ci ha lasciati indifferenti e che, nei tempi e nei modi che ci verranno suggeriti, vogliamo tradurre anche nella realtà sociale e parrocchiale da cui proveniamo. Guardo la data a destra in basso sulla barra del PC: 28 agosto… tra un anno esatto c’è il grande evento del Mondiale… mi chiedo: è forse il segno che anche per noi il prossimo appuntamento sarà proprio lì? A fianco di tante altre famiglie, a fianco di tanti altri giovani che, come noi, sognano e, nel loro piccolo, operano per un mondo migliore… … allora un arrivederci a presto da Katia e Michele

 

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