Armi: vince chi perde

Publié le 29-09-2011

de Redazione Sermig


La memoria aiuta a non dimenticare, a ricordare per non ripetere gli stessi errori, per non commettere le stesse atrocità...

 

Ho ascoltato di persona la testimonianza di Elisa Springer, 84 anni portati con fierezza, sopravvissuta ai campi di sterminio di Auschwitz e di Belsen. E' intervenuta all'Arsenale della Pace per inaugurare, con il racconto della sua terribile esperienza di deportata ebrea all'epoca del 2° conflitto mondiale,
un progetto di vita che riguarda le nuove generazioni: il 1° appuntamento dei giovani della pace. Mi ha colpito la serenità di questa donna. Le sue sono state parole di perdono e di memoria. Il perdono cancella l'odio, quel terribile odio di intolleranza razziale che portò la Germania nazista allo sterminio di massa degli ebrei. Elisa porta ancora nella carne i segni di quel periodo buio della sua vita: una ferita alla coscia e il numero del campo di Auschwitz tatuato sul braccio sinistro. Ma più ancora hanno condizionato la sua vita le ferite spirituali e morali, l'annullamento della personalità e della dignità patiti da lei e da milioni di deportati nei campi di sterminio e di concentramento.

La memoria aiuta a non dimenticare, a ricordare per non ripetere gli stessi errori, per non commettere le stesse atrocità.

Eppure mentre la osservavo e la ascoltavo mi dicevo che nel suo caso vince chi perde. I suoi torturatori sono stati sconfitti insieme ai loro tragici sogni di gloria e di sopraffazione. Sono consegnati a quella parte della storia che conserva gli orrori di una umanità che da sempre ha voluto prevalere con la forza della violenza per imporre la propria visione del mondo agli altri. Lei invece è li, anche a nome di quelli che sono stati assassinati. Lei, che apparentemente è una perdente, esce vittoriosa dallo sterminio e ci racconta la sua voglia di vivere senza odio, con la forza dell'amore.
Si percepisce che è una donna vera, maturata da una sofferenza immensa. Le sue parole pesano, non c'è demagogia, non ci sono fronzoli. In lei è rimasto solo l'essenziale.
C'è una cosa che accomuna Elisa Springer all'Arsenale della Pace: la voglia di vivere in pace. Non riesce a comprendere perché le lezioni della storia non siano ancora servite a far capire l'orrore delle guerre e della violenze.
Da Auschwitz fino ai nostri giorni le guerre non sono mancate. Nelle vicende degli ultimi 60 anni leggiamo un lungo elenco di scontri, di oppressioni, di conflitti, quasi un crescendo di violenze che ha condizionato e tarpato le aspettative di vita di milioni di esseri umani a tutte le latitudini, in tutti i continenti.
L'odio ha bisogno di strumenti, di armi che sparano, di bombe che scoppiano, di mine che saltano in aria maciullando gambe e straziando corpi. Sarà un caso, ma in questi giorni in Italia il parlamento è chiamato a discutere il disegno di legge n°1927 del governo "relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea della difesa". Se approvato porterà a gravi modifiche della legge 185/90 sul controllo del commercio delle armi rendendo possibili le triangolazioni.

La normativa in discussione attraverso lo strumento della "licenza globale di progetto" sottrae di fatto alle Istituzioni e alla società civile il controllo del commercio delle armi, allineando l'Italia ai paesi che hanno regole più permissive circa il mercato delle armi.
Molte organizzazioni, associazioni, personalità della società civile hanno manifestato il loro appoggio in difesa della legge 185/90 attualmente in vigore.

L'Arsenale della Pace è un luogo simbolo, la testimonianza concreta di come un luogo di morte -una fabbrica di armi- sia stata trasformata dalla gente, dai giovani, in un luogo di pace, di solidarietà, di incontro. La profezia di Isaia -"trasformeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci: un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra"- qui come in tanti altri centri di solidarietà si sta trasformando a poco a poco in realtà. Sarebbe bello che anche sulla questione delle armi potesse vincere chi perde, potesse prevalere il disarmo sulla produzione di armamenti. Sarebbe bello che le enormi energie destinate alle fabbriche di morte fossero investite in una guerra diversa, quella contro la fame, contro le malattie, contro l'ignoranza, per un mondo più giusto.

Claudio Maria Picco

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