Droga libera, ma nessuno la compra
Publié le 09-05-2013
Ho capito che dovevo entrare nelle loro menti. Così gli ho detto che chi si droga è un vigliacco soprattutto per un motivo: è diventato un azionista della malavita, un amico della mafia. Da quel momento nella sala è calato un silenzio incredibile, perché quanto avevo detto si scontrava con i sogni di questa loro nuova generazione, che vuole un mondo ecologico, libero e senza guerre». Ma, sostiene Ernesto Olivero, occorre un altro approccio: «Bisogna che gli adulti, quando dicono ai giovani che sono il futuro, ci credano veramente. Perché i ragazzi vogliono capire se credi o non credi in quello che dici ed è in base a quello che scelgono di darti retta. Per questo dico che servono discorsi seri, fatti da educatori preparati e soprattutto appassionati, che facciano capire che la droga è deleteria e che non c' è niente di bello nel vedere un proprio coetaneo che si spappola il fegato o che perde i denti a causa degli stupefacenti. E in tutto questo le scuole potrebbero diventare un terreno molto fertile». Parole e pensieri di un uomo che ha stretto la mano a grandi figure del presente e del passato, ma soprattutto alle migliaia di giovani che hanno bussato la porta del suo Sermig per chiedere aiuto. Qualche settimana fa uno di loro entrò nel suo ufficio e lo provocò: «Lei non sa cosa si è perso a non essersi mai fatto». Aveva 16 anni e una dipendenza da eroina. Olivero rispose alla provocazione con una provocazione: «Gli dissi che forse aveva ragione e di filmarsi mentre si faceva, così avremmo rivisto il filmato insieme e avremmo potuto analizzarlo. Per precauzione mandai una mia amica dottoressa con lui. Dopo qualche giorno il ragazzino tornò con il filmato e lo guardammo insieme. Nel video si iniettava l'eroina, poi si contorceva, rotolava per terra, ansimava, il medico gli fece un' iniezione per salvargli la vita. Dopo averlo visto mi disse solo questo: "Che schifo. Come posso fare a smettere?". Io gli ho risposto che ognuno di noi è un sacco: sta in piedi o no a seconda di cosa ci metti dentro». |
di Stefano Parola
da Repubblica 04/10/09
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