La ricerca della felicità

Publié le 16-10-2019

de Matteo Spicuglia

di Matteo Spicuglia - Abdullahi sorride. La mano appoggiata sulla spalla di Hassan, suo fratello più piccolo. Affetto che procede di pari passo con l’orgoglio di avercela fatta: Hassan a laurearsi in Architettura a Istanbul, Abdullahi a rendere possibile il sogno della sua famiglia. Nessuno l’avrebbe detto nel 2007. Mogadiscio, Somalia: nell’incertezza politica e nell’assurdità della guerra, la scelta intima di Abdullahi. «Ero un giovane diciannovenne ed erano già 16 gli anni di guerra civile somala che mi era toccato vivere. Ero consapevole dei sacrifici dei nostri genitori per garantire a noi figli la possibilità di costruirci un futuro migliore in Somalia, dove non esiste l’istruzione pubblica e tutto è troppo fragile. Essendo il figlio maggiore di una famiglia numerosa, presi una decisione che mi avrebbe portato lontano. Non avendo un passaporto rosso, ho dovuto fare un viaggio lungo, di quasi 7 mesi. Quel viaggio mi ha portato in Europa. Ci sono venuto soprattutto per lavorare e garantire ai miei fratelli e sorelle la possibilità di studiare e diventare autonomi in Somalia, tra tutte le difficoltà di quel Paese».

Il deserto, il mare, alla fine il campo per richiedenti asilo di Settimo Torinese. Abdullahi arriva con una determinazione rara e alcuni obiettivi chiarissimi: imparare bene l’italiano, integrarsi, trovare un lavoro, restituire qualcosa al Paese che lo ha accolto. Saranno anni di impegno in cui realizzare passo dopo passo ogni desiderio. Oggi Abdullahi parla perfettamente la lingua, è diventato mediatore, ha vissuto esperienze di volontariato e servizio civile, ha conosciuto centinaia di amici che lo hanno accompagnato e sostenuto. Fino al traguardo di qualche anno fa: la cittadinanza italiana. Non un semplice foglio di carta, ma una responsabilità che ha portato Abdullahi a impegnarsi a tutto campo nella sua associazione Generazione Ponte che promuove percorsi di integrazione per ex rifugiati. Soprattutto, come organizzatore del Festival dell’Europa solidale di Ventotene che ricorda a un’opinione pubblica distratta i valori fondanti dell’Unione Europea.

Dice di lui un’amica: «Mi ha colpito per la sua quieta determinazione. Un ragazzo che ti coinvolge usando parole semplici per parlare di valori alti. Un ragazzo che di storia dell’Europa ne sa certamente più del 90% di noi, e che se ne prende cura. Un ragazzo che non mette mai in primo piano le difficoltà, le sofferenze, le paure, ma i sempre i traguardi raggiunti e le speranze. Un ragazzo che non cita mai le cose che non condivide, che non spreca energie contro qualcosa, ma si impegna per qualcosa». Tanti progetti e quell’impegno ad aiutare i suoi fratelli mai dimenticato. «La mia famiglia sta sicuramente meglio di 12 anni fa. Mio fratello Aweys è diventato medico, mia sorella Zeinab è infermiera e Hassan oggi è diventato architetto. Sono fortunato e felice, ero un investimento per la mia famiglia e grazie all’impegno e al mio lavoro sono riuscito a sostenere i loro percorsi di studio ». Abdullahi oggi è felice. Guardandosi indietro può solo ringraziare e dire con orgoglio: «L’Italia è stata per me un luogo di riscatto e possibilità dove io, la mia felicità, l’ho trovata». Perché di questo stiamo parlando. Chi lascia il proprio Paese non lo fa per un capriccio, anche se a volte ci piace pensare il contrario. «Siamo esseri umani – dice Abdullahi – e tutti siamo alla ricerca della felicità. Dobbiamo capirci, conoscendoci, guardandoci negli occhi, creando occasioni. Solo così potremo superare le tante barriere create in questi anni». Grazie Abdullahi!
 

Matteo Spicuglia 
FUORI SACCO
Rubrica di NUOVO PROGETTO 

Settembre 2019 

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