Lettera agli amici - 14 dicembre 2013

Cari amici,

amici perché?
Si è amici quando si ha qualcosa in comune, un punto di riferimento, un obiettivo comune. Noi siamo quelli che siamo e che Dio vorrà grazie a voi.
Quando è cominciata la nostra storia eravamo solo dei bravi ragazzi. Siamo cresciuti perché davanti a tragedie impossibili, domande impossibili, lacrime impossibili voi, ad uno ad uno, non ci avete mai abbandonato. Siete diventati indispensabili. E’ la nostra storia, non un elogio.

Così alle nostre porte di Torino, San Paolo, Madaba ogni giorno bussano migliaia di disperati: senza cibo, senza lavoro, senza cure, senza niente. Bussano con le loro tragedie. Bussano oggi, un tempo molto difficile. Ma i tempi più duri devono ancora arrivare. I grossi enti, sia pubblici che privati, ci danno poco o nulla. Se gli amici smettessero di aiutarci, in tre giorni chiuderemmo. Ma non chiuderemo. Le persone buone hanno capito il nostro cuore.

Oggi la coscienza ci chiede di dare ancora di più, di non arrenderci, di avere più amore e commozione di sempre. Più i tempi sono difficili più Dio vuole esserci vicino. Più il momento è drammatico più aumenta la generosità di Dio per i suoi figli più disperati.

Può sembrare assurdo ma non lo è: chiedo a chi di voi lavora di dare ogni mese e tutte le volte che può l’equivalente di una giornata del proprio lavoro, da ora a sempre. A tutti voi e anche a chi non ha questa possibilità, chiedo una giornata al mese di preghiera o di silenzio per il Sermig perché resti un’opera di Dio.

Fra poco compiamo 50 anni. La nostra è una storia che dà fiducia a tanti. Se siamo così è grazie a voi che ci avete dato fiducia. Qualcuno anche la vita.

Ernesto Olivero


Torino, 14 dicembre 2013


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