Dalla parte della Pace

Publié le 22-06-2020

de Ernesto Olivero

Nella nostra storia abbiamo capito che la pace non è un sorriso, non è un sentimento zuccheroso, ma un fatto. Non abbiamo alternative: il mondo così com'è, con la fame, la guerra, le ingiustizie non è a misura d'uomo. Dobbiamo decidere se ci va bene così com'è o se vogliamo provare a cambiarlo. Se scegliamo di vedere e di capire allora entriamo nella storia non più da spettatori ma da protagonisti. Credo che in fondo sia questo l’ideale condivisibile che ha portato la Comunità Papa Giovanni XXIII a promuovere la campagna per istituire un Ministero della Pace. Un segno forte che ci ricorda l'urgenza di essere operatori di pace, pacificati e pacificatori, pronti a chiedere e a dare perdono eliminando dal vocabolario parole come odio, nemico, infedele.

Chi fa la pace è come una foresta di bene che cresce solida e rigogliosa, senza clamori, senza rumori. È come un pezzo di pane che tutti possono spezzare e mangiare. È come il sole: tutti sanno che c'è, anche quando nuvole tempestose lo nascondono alla vista. Non si tratta di fare cose eccezionali, ma di costellare la nostra vita, la nostra esperienza di costanza e di fedeltà. È la pace di cui parlava anche Giovanni XXIII nella Pacem in Terris, una pace possibile, “fondata sulla verità, sulla giustizia, sull'amore, sulla libertà”. 

Oggi questa pace è minacciata anche vicino a noi, nel cuore dell'Europa, nel bacino del Mediterraneo come in tante altre nazioni dell'Africa, dell'Asia, dell'America Latina. Una nuova guerra mondiale, combattuta a pezzi, in Paesi e regioni diverse come ha detto Papa Francesco. Il non senso è sotto i nostri occhi, come la continua corsa agli armamenti. Un'assurdità perché fino a quando continueremo a costruire armi, il mondo non avrà futuro.

Questo perché le armi uccidono cinque volte.
La prima perché per essere costruite sottraggono investimenti di miliardi di dollari che potrebbero essere destinati allo sviluppo, a costruire scuole, ospedali, case.
La seconda perché per essere progettate distolgono intelligenze giovani che potrebbero essere applicate ad altri progetti di bene.
La terza perché quando sparano uccidono per davvero.
La quarta perché alimentano la vendetta e preparano la prossima guerra.
La quinta perché producono ferite inimmaginabili e squilibri atroci nei tanti reduci.

In un mondo così complesso è difficile sperare, difficilissimo. Ma io non mi arrendo perché l’oggi è ancora nelle nostre mani e ciò che non è stato può essere. Dire sì alla pace, qui e ora, significa decidere con la ragione e il cuore di non cadere nella trappola dell'odio. Grazie alla Papa Giovanni XXIII perché continua a ricordarcelo con la sua testimonianza.

Ernesto Olivero

Ulteriori informazioni sul progetto  www.ministerodellapace.org

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