«Se l'altro sono io...». E cambia la vita

Publié le 12-04-2016

de Ernesto Olivero

Articolo di Ernesto Olivero su "LA PORTA APERTA" il mensile del Giubileo
supplemento ad AVVENIRE del 10 aprile 2016

«Se l'altro sono io...». E cambia la vita.  - di Ernesto Olivero
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Non c'è maestro migliore del campanello per imparare la misericordia. Il campanello che può suonare in ogni ora del giorno e della notte, che può farti incontrare continuamente situazioni e persone impensabili. L'ho provato sulla mia pelle! Se penso agli inizi dell'Arsenale della Pace ricordo il nostro desiderio di continuare ad aiutare i missionari. Di certo non avrei immaginato le accoglienze, le scuole di musica e di restauro, un poliambulatorio, altri arsenali nel mondo. Ma quando accetti di essere disponibile, i tuoi progetti cambiano, vivi aperture inattese e, soprattutto, le cose avvengono.

Come quella telefonata di tanti anni fa. Un giudice del tribunale di Torino, una cara persona. «Ernesto, posso chiederti un piacere?». Di solito, rispondo sempre così:«Se possibile, è già fatto». «Grazie, sappi che ti costerà una cassa da morto e quindici giorni di lavoro».«Gesù mio, che succede?». «Nicola è detenuto per problemi di droga, sta morendo di Aids! ».  lo  non   sapevo neanche che cosa fosse I'Aids . «Vorremmo scarcerarlo per farlo morire in modo dignitoso. Qui c'è molta solidarietà, i detenuti lo aiutano, ma serve qualcosa di diverso e purtroppo, nessuna comunità lo può accogliere...».

Non mi aspettavo una proposta simile: ho fatto silenzio dentro di me e ho pensato che l'amore  sarebbe bastato per accompagnare un ragazzo nel suo ultimo viaggio. «Dammi dieci minuti di tempo», dissi. Chiamai subito i miei più cari amici:«Abbiamo la possibilità di fare una carità intelligente: aiutare un ragazzo a morire da uomo».  Noi non avevamo ancora un sistema organizzativo di accoglienze ma ci attrezzammo, anche grazie al consiglio di un mio caro amico medico che mi rassicurò. Non avevo più dubbi. Dopo dieci minuti, richiamai il giudice e il nostro patto fu in un semplice «Ci sto!».

Nicola arrivò dopo un'ora, aveva 25 anni, era ridotto ormai a 40 chili. Con lui capii che vivere la speranza e la misericordia non significa dire "che pena", ma "cosa posso fare?". Cosa potevo fare davanti a quell'anima? Cosa avrei potuto dire? Capii che avrei dovuto fare solo una cosa: mettermi nei suoi panni. Presi così coraggio e gli dissi: «Nicola, tu e io sappiamo che non hai molti giorni davanti. Perché in questo ultimo tratto della vita non provi a cambiare? Smettila di drogarti. Noi ti staremo vicino giorno e notte e non morirai da solo, abbandonato. Te lo prometto». Nicola non si aspettava una proposta del genere. In un primo momento fu spiazzato, ma il sì commosso che mi disse lo cambiò nel profondo.

lo non sono un medico, non sono uno specialista. So solo che Nicola rimase con noi per altri 22 anni. L'invito non a "ridurre il danno" ma a puntare al "massimo guadagno"  trasformò la sua vita. Nicola e quelli come lui mi hanno insegnato che l a chiave della misericordia è vivere una regoletta molto semplice: «Se l'altro sono io...». Non significa altro che sentirsi interpellati continuamente dal volto che abbiamo davanti per rimanere attaccati al bene e costruire così un mondo davvero più giusto, più fraterno. "Se l'altro sono io" lo amerò perdutamente, non lo giudicherò, lo avvolgerò di tutta la comprensione e la speranza che vorrei per me.

Se fossi uno straniero, un carcerato, un uomo in fuga saprei bene che cosa vorrei. Vorrei calore, vorrei cure e scuola per i miei figli,vorrei la libertà di credere e di non credere, vorrei un lavoro onesto. Se fossi un uomo o una donna che hanno vissuto per il proprio corpo fino a cadere molto in basso, quasi perdendosi, saprei bene cosa vorrei. Vorrei solo risorgere e non incontrare il giudizio, ma uno sguardo che ama soltanto. Se fossi un giovane schiacciato da dipendenze infami, saprei benissimo che cosa vorrei. Vorrei una mano amica, un abbraccio sincero, una possibilità di riscatto. E gli esempi potrebbero continuare...

"Se l'altro sono io" ci entrerà davvero nel cuore, saremo una luce di speranza che non avrà bisogno di parole. Parleremo con il nostro corpo, con le nostre espressioni, con la nostra vita. Saremo persone deboli e fragili come tulle le altre, ma forti perché capaci di vivere la sincerità, affidando ogni cosa a Dio, a colui che più di tutti è stato capace di mettersi nei panni degli altri.

Ernesto olivero

 

 

 

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