Arrivederci Aziza

Publié le 24-08-2012

de Andrea Gotico

Sono in accoglienza, suona il telefono. Dall’altra parte del cavo una voce gentile. E’l’assistente sociale dell’Ospedale Sant’Anna mi spiega che in Reparto c’è una donna marocchina di 40 anni, è dimissibile ma non ha una casa a cui tornare e benché stia meglio, il cancro si è diffuso con metastasi in tutto il corpo. Non ha il permesso di soggiorno e quindi è priva di una tutela sociale. Deve continuare la chemioterapia e sottoporsi a controlli settimanali. I medici dicono che non arriverà a fine anno.

E’ così che Aziza è entrata nella nostra vita. Era marzo del 2010. Quando Aziza varca la porta dell’Arsenale di lei mi colpisce subito lo sguardo: pulito, vero, sofferente ma dolcissimo, pieno di dignità. Porta il velo, si intravedono capelli neri corti, parla un italiano un po’ stentato ma si fa capire, ha un modo gentile di porsi. Ha un fare autonomo, non vittimistico. Apre la borsa, mi mostra la sua cartella clinica come per scusarsi del disturbo. Parla del suo male, lo chiama “malattia bastarda”. Ma da subito capisco che in realtà non mi sta parlando di sé. Ogni cosa in lei è un rimando alla sua famiglia. Il suo pensiero è rivolto ai suoi: il papà malato, la sorella, i 2 nipoti. Per loro è venuta in Italia e ora soffre perché sa che non è piu’ in grado di aiutarli.

Aziza è nata e cresciuta in Marocco a Casablanca in un baracca all’estrema periferia della città. Ha sempre vissuto con il padre cieco a causa del diabete e con una sorella piu’ grande di qualche anno, che per la stessa malattia sta perdendola vista e con i due figli della sorella. La madre è morta nel 1992 per problemi cardiaci. Per operarla i medici dell’ospedale di Casablanca avevano chiesto alla famiglia una somma improponibile. Allora Aziza lavorava come sarta per una cooperativa ma per poter arrivare alla somma richiesta non sarebbero bastati 10 anni di lavoro. Dimessa dall’ospedale dopo pochi giorni la madre di Aziza è morta.
Aziza ha frequentato solo la scuola elementare perché i suoi genitori non potevano pagare gli studi e perché era l’unica in grado di lavorare.

Ha lasciato il Marocco nel 2005 inseguito alla chiusura della Coopertiva nella quale lavorava. Ha pagato 1.200 euro per farsi portare in Italia in una notte di ottobre a bordo di un barcone insieme ad altre 112 persone. La traversata è durata 2 giorni. A novembre arriva a Torino dove ha conoscenti connazionali. Cerca lavoro ma è clandestina, la paura di essere arrestata ogni volta che percorre le vie della città per spostarsi, l’impossibilità di affittare una casa per sé … è così che vive per quasi 4 anni. Poi finalmente ad agosto 2009: esce l’emendamento del Governo relativo ai lavoratori irregolari. Aziza da tanti anni lo aspetta con il fiato sospeso “Dal 1° settembre lavoratori extracomunitari che svolgono una attività lavorativa presso le famiglie potranno avvalersi della procedura di emersione dal lavoro irregolare attraverso la quale potranno regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale.” E’ a un passo dal suo sogno, ma proprio in quell’agosto fortissimi dolori alla schiena la obbligano ad un ricovero d’urgenza presso l’Ospedale S. Anna. Rimane ricoverata per mesi. Perde il lavoro. Scopre di avere un carcinoma alla mammella con metastasi già diffuse in tutto il corpo.

Da marzo 2010 in poi Aziza ha fatto parte della famiglia del Sermig, con lei abbiamo affrontato momenti difficili: i cicli di chemio, il busto, la carrozzina, la preoccupazione costante per la salute del padre cieco e malato, il rifiuto dell’assegno di invalidità da parte dell’Inps, ma anche giorni pieni di gioia: il rilascio del Permesso di Soggiorno per motivi umanitari. Il viaggio in Marocco del 2011 in cui ha potuto riabbracciare i suoi e condividere con la sorella il dramma della sua malattia e poi ancora il ritorno in Marocco per tre settimane a maggio del 2012; entrambe le volte Aziza ha portato un pensiero diverso per ognuno, e poi le mille occasioni in cui ci ha fatto morir dal ridere con quel suo modo di fare da “scugnizza”. Aveva la stoffa della commerciante, faceva da ponte tra realtà diversissime. Qualunque problema pratico ci fosse lei aveva degli amici in grado di aiutarla a risolverli. Si è fatta voler bene da tutti era attenta ai bisogni degli altri. Il giorno in cui è andata a ritirare il Permesso di Soggiorno è tornata con un cannolo in una busta che le ha voluto regalare un poliziotto per rallegrarsi con lei dell’evento. La grinta con cui ha affrontato la sua malattia gliel’ha data la fede in Dio e l’amore per i suoi cari.

Il suo desiderio era di morire in Marocco ma negli ultimi giorni la situazione è precipitata velocemente. Mercoledì 22 agosto Aziza dopo aver chiesto ad un’amica di aprirle la finestra per permetterle di respirare meglio, è tornata tra le braccia di Dio. Appena ricevuta la telefonata dall’ospedale ci siamo ritrovati tutti insieme in Chiesa anche con le ragazze che hanno abitato la comunità con lei. Abbiamo condiviso il pianto, una preghiera e il grazie per questa donna così speciale che abbiamo avuto la gioia di avere tra noi. Per lei, insieme, in lingue diverse abbiamo pregato l'unico Dio, per lei abbiamo ringraziato per l’esempio di dedizione, di fede, per la capacità di sopportare il dolore senza lamentarsi, per la dignità grandissima di cui ci ha parlato la sua vita.

Simona Pagani

Cara Aziza,
la tua sofferenza non ti ha piegato,
ora il tuo volto è sicuro tra le braccia di Dio.

Grazie cara amica, ti vogliamo bene,

La Fraternità del Sermig


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